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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Questione di colore

sabato 11 maggio 2013

Buonsalve! Ho scritto questo racconto per dimostrare che bianco o nero, umano o animale, non fa alcuna differenza. I sentimenti sono universali. Buona lettura!

Questione di colore
(racconto n.253)


Non riesco a capire perché ce l'abbiano tanto con me. Fin da quando ero piccolo mi hanno fatto del male ed emarginato solo per il mio colore.
Ricordo che quando ero piccolo qualcuno ha iniziato a guardarmi male poi, appena ho provato ad avvicinarmi ha iniziato a prendermi a calci. Ho pianto e pianto con tutta la disperazione di cui ero capace, ma era come se fossi diventato in qualche modo invisibile. Da allora ho sempre avuto paura, paura che potessero rifarlo, che potessero farmi ancora del male.
Per fortuna allora c'era mia madre a prendersi cura di me. Mi ha tenuto al sicuro, curandomi e cercando di farmi passare la paura per le minacce che avvertivo attorno a me in ogni momento. 
Un giorno però mi portarono via anche lei.
Stavamo camminando insieme quando qualcuno si avvicinò. Si avventarono su di noi senza che quasi ce ne accorgessimo. La mamma mi spinse via e si mise subito tra me e loro. Quando la presero scappai, fuggii prima che potessero prendere anche me.
Non mi allontanai molto perché non volevo perdere mia madre.
Avevo molta paura, non avrei saputo cosa fare senza di lei.
La ritrovai immobile, immersa in un liquido denso. Provai a scuoterla e a chiamarla, ma lei non si mosse. Non si sarebbe mossa mai più.
Da quel giorno vissi completamente da solo. Crebbi sulla strada, cercando da mangiare tra i rifiuti e fuggendo ogni volta che qualcuno provava ad avvicinarmi.
Un giorno però accadde l'inevitabile e mi ferii gravemente.
Appena capii di non riuscire a camminare, mi resi conto che presto sarei morto. Ma io volevo vivere, avevo paura e volevo disperatamente vivere.
Piansi ancora come quella prima volta in cui venni preso a calci.
- Povero piccolo che ti é successo? - sentii una voce.
Venni preso dal panico. Cominciai a lamentarmi e ad agitarmi terrorizzato dall'idea che potessero farmi ancora del male. Non ne potevo più di soffrire.
Inaspettatamente però sentii una mano accarezzarmi e quel contatto fu stranamente piacevole. Il panico tornò quando mi sentii sollevare.
- Sta tranquillo piccolo. Adesso ti porto dal veterinario.
Da quel giorno quell'umano divenne il mio migliore amico. Gli fui grato per ciò che aveva fatto per me, per non avermi maltrattato solo perché sono solo un piccolo gatto nero. 


Pubblicato da Unknown alle 10:59  

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