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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

La giustizia del mietitore

mercoledì 1 maggio 2013

Un racconto veloce veloce scritto di corsa di corsa XD

La giustizia del mietitore
(racconto n.243)


Ho seguito Laila fin da quando è venuta al mondo. Era una bambina molto, molto vivace.  C’erano state delle difficoltà durante il parto eppure lei era nata con una volontà e una determinazione fuori dal comune. Si era aggrappata alla vita con tutte le sue forze e tutta la decisione di cui un essere umano era capace. Mi sorprese per quello e fidatevi, non è semplice riuscirci.
Come mi ero sempre aspettato, Laila divenne una combattente durante la sua esistenza. In ogni momento, lottava per affermare se stessa, per sfuggire all’opprimente sensazione della mia presenza accanto a lei. Mi detestava e lo faceva con tutta se stessa.

Sem era davvero un debole. Quando è nato fu come se non avesse alcuna voglia di venire al mondo, come se ogni respiro gli costasse una fatica immane. Lui era il classico umano che si lasciava trascinare dagli eventi. Non reagiva, non lottava, si lasciava semplicemente andare facendosi sottomettere e aspettando solo che le cose accadessero. Lui accettava la mia presenza come un qualcosa di inevitabile.

Laila stava andando in macchina quando Sem, alla guida del suo scooter, passò distrattamente col rosso.  Le loro esistenze si incrociarono solo per quel breve, fatale momento. Io osservai ogni singolo istante, ascoltai ogni pensiero e ogni paura di entrambi. Mi avvicinai a Sem e lo sfiorai appena. No. Non sarei andato da lui.
Mi avvicinai invece a Laila e le accarezzai la fronte.
- No… - disse la ragazza, schiacciata tra i detriti della macchina. – No, ti prego…
“È  arrivato il momento.” dissi “Ti ho osservato per tutta la vita e adesso è arrivato il momento.”
Le tesi la mano e lei si alzò.
“Non devi aver paura.” la rassicurai. “Ti accompagnerò per tutto il viaggio.”
La portai con me, conducendola per mano verso il posto che le spettava, portando quella  giovane donna verso la sua fine. Mi voltai verso Sem. Non era ancora la sua ora. Avrebbe sofferto e agonizzato a lungo, ma non sarei andato da lui. Non ancora. Perché anche se era un debole io sono inevitabile e imparziale. Non importa che tu lotti disperatamente o che ti lasci andare. Prima o poi  noi ci incontreremo.



Pubblicato da Unknown alle 11:43  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Semplicemente vera e agghiacciante... brava :D :D :D

2 maggio 2013 alle ore 10:21  

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