Buonsalve!
Questo racconto nasce da alcune mie riflessioni sulla vendetta. È giusto,
secondo voi, vendicarsi di qualcuno che ha commesso un crimine orribile nei
nostri confronti nel momento in cui la giustizia non compie il proprio dovere?
In attesa di vendetta
(racconto n.210)
Raramente le
attese sono piacevoli. Spesso sono solo lunghi momenti di angoscia in cui non
possiamo fare altro che star fermi e aspettare. Io lo so perché l’attesa è
stata una vera agonia.
A lungo ho aspettato
il momento in cui avrei visto la persona che mi aveva portato via la mia
famiglia pagare per i suoi crimini, in cui avrei ascoltato la condanna dell’assassino
che una notte di due anni fa entrò in casa mia e massacrò mia moglie e mia
figlia solo per poter rubare quelle poche cose di valore che avevamo. Quel
bastardo venne arrestato dopo diversi
giorni e il processo durò così a lungo da farmi credere che fosse una sorta di
punizione per non essere stato in grado di proteggere le mie amate. La paura
che quel bastardo non pagasse per il suo crimine era una tortura straziante. Quella
paura si trasformò ben presto in un’orribile certezza. Il responsabile della
morte di mia moglie e di mia figlia venne scarcerato per insufficienza di
prove.
Io però
sapevo che era stato lui, nonostante il passamontagna avrei riconosciuto quegli
occhi gelidi e spietati ovunque. I giorni successivi furono come una lenta e
straziante agonia per me.
Non potevo
credere che quel mostro fosse libero, che potesse crogiolarsi nella
soddisfazione di averla fatta franca. In ogni momento io rivedevo nella mia
mente quella maledettissima notte e poi il sorriso di quell’uomo nel momento in
cui venne liberato. Cominciai a fare pensieri orribili, a immaginare i mille
modi in cui avrei potuto ammazzare quel verme.
Mi ci volle
parecchio tempo per riuscire a reprimere tutta quella rabbia, ma il desiderio
di vendicarmi continuò a torturarmi come un tarlo invisibile. Poi, dopo diversi
mesi, lo vidi.
Se ne stava
seduto a un bar e rideva con un gruppo di amici come se niente fosse successo.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Rimasi nascosto finché, ubriaco e
stanco, l’assassino non si avviò verso casa. Lo seguii fino al suo appartamento
e m’intrufolai nell’abitazione così come lui aveva fatto nella mia anni prima. Silenzioso,
sfoderai il coltello, la lama che mi ero imposto di portare sempre con me. Lo
colsi sotto la doccia, nudo e indifeso. Gli tagliai prima gli attributi,
gioendo nel sentirlo urlare come il porco che era poi, dopo averglieli infilati
in gola, lo sgozzai. In quel momento provai una profonda soddisfazione e un
vuoto che sapeva di pace. Mentre sentivo le sirene della polizia avvicinarsi
sorrisi per la prima volta dopo tanto tempo. Avrei pagato, è vero, ma almeno
avevo avuto la mia vendetta. Finalmente avrei trovato un po’ di pace.
1 commenti:
Uao bellissimo e truculento come solo tu sai fare. Sai come la penso per quanto riguarda la vendetta... penso che la sua famiglia non avrebbe voluto che si rovinasse fino a quel livello. E prima o poi il criminale avrebbe comunque fatto un passo falso che lo avrebbe portato nelle maglie della giustizia. Il problema sarebbe stato nella certezza della pena o ancora meglio nell'ossessione di consegnare il criminale in mano alla giustizia, che qui è espresso in modo molto inquietante ma per questo perfetto. BRAVAAAAAAAAA <3 <3 <3
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