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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Ricordi riflessi

sabato 27 luglio 2013

Buonsalve! Questo racconto mi p stato ispirato da una mostra fotografica naturalistica che ho visitato ieri e che mi ha davvero colpita. A volte è bello e utile ricordarsi che non ci siamo solo noi su questo pianeta.

Ricordi riflessi
(racconto n.330

Era da tanto che Tasha aveva perso consapevolezza di cosa volesse dire vivere libera. Era passato così tanto tempo che ormai la parola libertà aveva perso del tutto significato per lei. Il suo mondo si limitava a un ampia territorio circondato da una recinsione di metallo al di là di un fossato. Una grotta spoglia era l’unico rifugio in cui potersi riparare durante le piogge abbondanti e quella strana acqua ghiacciata che aveva imparato a conoscere e a sopportare durante i suoi primi anni di prigionia.
C’era chi la sfamava, dandole la carne di cui aveva bisogno e questo aveva ucciso qualcosa dentro di lei, una parte importante del suo essere che ogni tanto si faceva sentire, che urlava e chiedeva di essere soddisfatta. Col tempo, Tasha aveva imparato a sopprimere quella parte di sé, riducendola solo a una voce interiore in un’anima assopita.
Ogni tanto però accadeva qualcosa che risvegliava in lei antichi ricordi. Nella sua prigione c’era un ampio specchio d’acqua circondato da diversi alberi. A volte Tasha vi si avvicinava e vedeva nello specchio d’acqua il suo riflesso circondato dagli alberi. Quando si vedeva immersa nel verde, senza alcun riflesso attorno, sentiva riemergere il passato.
Rivedeva se stessa correre libera in spazzi aperti senza limiti né recinti. Ricordava  altri come lei, due compagni con cui formava un gruppo unito in cui potersi sentire a casa.
Poi riemergeva l’istinto della caccia. Ricordava i brividi che provava ogni volta che individuava una pista e l’esaltazione nel momento in cui riusciva a individuare una preda perfetta.
Riportava alla luce quella gelida sensazione di consapevolezza nel momento in cui si preparava a colpire e l’eccitazione mentre si lanciava contro la sua vittima per poi affondare zanne e artigli nella carne.

Quella sensazione, l’istinto selvaggio che s’impadroniva di lei, era una parte importante di lei, che però adesso non poteva soddisfare. Poi ricordava il momento della sua cattura, la paura quando all’improvviso si era ritrovata a dimenarsi e a ringhiare imprigionata in una rete e la tristezza e il dolore di quei primi giorni di prigionia. In quei momenti si rendeva conto di essere come morta e, per non sopportare il dolore di una tale consapevolezza,  si costringeva a dimenticare di essere mai stata libera, di aver vissuto in tempi lontani come una tigre vera e libera.


Pubblicato da Unknown alle 12:38  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

la chiusura del racconto è a dir poco perfetta... e spesso ci dimentichiamo come spesso anche noi umani ci crediamo liberi, ma in realtà prigionieri di una gabbia forse peggiore di quella della tigrotta... un bacioneeeee <3

27 luglio 2013 alle ore 14:40  

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