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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Dovere verso il paese

lunedì 29 aprile 2013

Buonsalve! Questo racconto è ispirato a quello che è successo ieri a Roma, davanti a palazzo Chigi. Un modo per esprimere la mia solidarietà per i carabinieri feriti e per far capire cosa penso a riguardo (e spero davvero che si capisca anche che non ho scritto questo racconto per fare polemica o sfruttare quanto è accaduto).

Dovere verso il paese
(racconto n.241)

Mark era un poliziotto ormai da diversi anni. Con un ottimo stato di servizio, aveva sempre fatto il suo dovere anche quando questo comportava il mettere in pericolo la propria incolumità e questo perché aveva sempre nutrito un profondo amore per il proprio paese.  Per lui fare il poliziotto non era solo un lavoro, ma un dovere.  Certo le cose non andavano bene purtroppo. La crisi economica e un governo forse troppo egoistico e poco attivo avevano portato a un clima di tensione  e insicurezza. Nonostante questo però lui continuava ad avere fiducia in esso e in ciò che esso rappresentava. Per questo forse fece fatica d accettare ciò che accadde il giorno in cui la sua vita cambiò per sempre.
Era stato assegnato alla sorveglianza dell’ingresso di un centro congressi in cui le alte cariche dello stato si sarebbero riunite per  discutere in una conferenza dei problemi del paese. All’inizio andò tutto bene poi però la sua attenzione venne catturata da un uomo che si stava facendo avanti con una mano nascosta sotto la giacca e il volto teso.
Quando i loro sguardi si incrociarono in lui suonò un campanello di allarme. Si mosse in tempo per evitare di essere colpito in pieno petto dal proiettile che l’uomo sparò un attimo dopo, ma un dolore acuto al braccio lo stordì per un lungo istante.  Tutto si svolse a una velocità estrema.  La sensazione del sangue che gli colava dal braccio, il rumore degli spari attorno a lui e poi l’immagine dell’uomo a terra, anch’esso ferito. Mark non ricordava nemmeno di essersi mosso.  Agì, fece di tutto per evitare che altri venissero feriti poi, in un attimo, perse i sensi.
Giorni dopo, in ospedale, venne a sapere che si era tratto del gesto di uno squilibrato, un pazzo la cui follia era esplosa improvvisa e imprevedibile.  A lui però quella versione non convinceva. C’era qualcosa nello sguardo di quell’uomo che andava ben oltre la pazzia: c’era disperazione. Una disperazione e un angoscia che per un attimo lo avevano bloccato.
Quello sguardo gli era rimasto dentro e non lo avrebbe lasciato per tutto il resto della sua vita, più della solidarietà e del sostegno ricevuti da conoscenti, amici ed estranei. Quello sguardo lasciò un segno dentro di lui. Pur avendo fatto il suo dovere infatti, Mark  aveva capito una cosa: la rabbia e l’angoscia dell’uomo non era rivolta a lui, ma a quelli presenti nel centro congressi, ai capi che però non avevano fatto altro che definirlo un pazzo senza cercare di capire cosa davvero  lo avesse spinto a quel gesto. Non avevano fatto niente se non sprecarsi in parole sdegnate e gesti pieni di buonismo. Mark sentiva che la sua fiducia era stata minata, ma non il suo senso del dovere. Avrebbe continuato a fare il poliziotto e avrebbe continuato a fare ciò che doveva per coloro che rappresentavano la vera essenza del paese: i suoi abitanti.



Pubblicato da Unknown alle 12:41  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Si capisce anche troppo bene... brava!

29 aprile 2013 alle ore 14:01  

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