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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Una vita insoddisfatta

giovedì 14 marzo 2013

Buonsalve! Questo racconto mostra a cosa può portare una vita troppo insoddisfacente. U,.,U  Non è che conoscete qualcuno così, vero?

Una vita insoddisfatta
(racconto n.195)


Essere Carl Jonson era davvero una scocciatura. Lui personalmente ne avrebbe volentieri fatto a meno. Alzarsi ogni mattina e svegliarsi con accanto quella cozza di sua moglie era una pena.
Al liceo lei era molto carina,  una delle più belle della scuola, ma come si sa le cose cambiano. Se non avesse fatto il grosso errore di metterla incinta non si sarebbe sognato di sposarla per nessuna ragione al mondo.  Purtroppo però era stato cresciuto con una certa morale e appena saputo del bambino, Carl aveva deciso di prendersi le sue responsabilità.
Addio quindi alla sua carriera di avvocato e benvenuto al suo nuovo lavoro di magazziniere. Certo non era il lavoro dei suoi sogni, ma almeno così non avrebbe dovuto aspettare degli anni prima di avere uno stipendio decente.  E così era iniziata la sua “nuova” vita con una donna che non amava, un marmocchio che piangeva tutta la notte e un lavoro deprimente con un capo odioso.
Eh, sì… il povero Carl infatti aveva anche un'altra seccatura: Victor Smith.  Victor era il classico capo frustrato che forse aveva un’esistenza ancora più deprimente di quella del povero Carl e che quindi si sfogava sui dipendenti che non potevano fare altro che chinare la testa e sopportare i suoi soprusi. Carl poi era la vittima ideale. Il tempo lo aveva logorato così tanto da renderlo un debole in capace di reagire e di farsi valere.
Molte volte aveva pensato di cambiare le cose e di dare letteralmente un taglio a tutto. Quanto avrebbe voluto imprimere sulla gola del suo capo un sorriso di sangue per cancellare quello irritante dal suo viso.  E quanto desiderava squarciare il ventre di sua moglie per farle pagare il fatto di averlo incastrato rimanendo incinta. Solo suo figlio gli impediva di perdere completamente la testa. Non avrebbe mai e poi mai voluto rovinargli la vita. Certo lui non sarebbe rimasto bambino per sempre. Prima o poi sarebbe diventato un giovane uomo e allora le cose sarebbero cambiate.  Lanciò un’occhiata al cruscotto della macchina nel quale custodiva gelosamente un grosso coltello. Le sue labbra si piegarono in un sorriso. Con tutti gli imprevisti che aveva avuto nella vita ormai aveva imparato a tenersi sempre pronto.



Pubblicato da Unknown alle 13:03  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Se una spirometria ti ispira questo non immagino una visita ginecologica... meglio girarti al largo ^________^ Allora, la vena dark che ti contraddistingue è rafforzata dal fatto dell'assoluta verosimiglianza della vicenda, un chiaro pensiero di un uomo frustrato ma che non incolpa se stesso della propria condizione e delle proprie meschinità. L'omicidio diventa in questo modo la rivalsa dell'uomo nullità, unico momento in cui potrà, forse, sentirsi vivo, stimato e libero. Bello, degno dei migliori noir francesi ^_____________^

14 marzo 2013 alle ore 14:13  

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