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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Perdita e scoperta

domenica 10 marzo 2013

BUonsalve! Ultimamente penso spesso che rinunciare a qualcosa di importante per te può portare a qualcosa di altrettanto bello e importante. A volte non serve avere le ali per volare davvero.

Perdita e scoperta
(racconto n.191)

La rinuncia a volte fa male, ma altre volte può portare a scoperte inaspettate, bellissime.  Lili all’inizio non aveva idea di quanto le avrebbe portato rinunciare a ciò che amava.  Il suo più grande vanto erano le ali, bellissime ali simili a quelle delle farfalle che brillavano di colori cangianti.
Certo tutte le altre fate l’avevano, ma le sue erano così belle da suscitare l’invidia di molte sue compagne.  Al di là della loro bellezza però, Lili amava le sue ali perché la facevano sentire libera, perché volare era ciò che amava di più al mondo.
Un giorno, mentre faceva una dei suoi voli diurni, vide un umano farsi pericolosamente vicino ai confini della loro foresta. Se vi si fosse inoltrato lei e le sue sorelle sarebbero state in pericolo.  Come temeva, l’uomo varcò l’arcata degli alberi. Aveva un arco con sé. Era un cacciatore, la razza di umani peggiore che potesse esistere. Lili lo guardò con odio pronta a fare ciò che doveva per liberarsene.
Si avvicinò dall’alto proprio nel momento in cui lui incoccò una freccia, mirando a una cerva poco distante. La fata stette per aggredirlo, ma l’uomo abbassò subito la propria arama. Un cucciolo si era avvicinato alla cerva e questo lo aveva portato a rinunciare alla caccia.
Il gesto dell’umano colpì molto Lili e la portò a un gesto che non aveva mai pensato di poter fare: salvò l’uomo, annebbiandogli la mente e conducendolo fuori dal loro bosco.
Una delle sue sorelle però vide il suo salvataggio. Invidiosa e subdola, denunciò il suo gesto la consegnò alle fate più anziane. Come punizione la bandirono,  tagliandole le sue bellissime ali.
Lili vagò a lungo ai confini del bosco, piangendo per quella che era come la perdita di una parte della sua stessa anima.  Un giorno però incrociò il cacciatore  che aveva aiutato. Non seppe dire come né perché, ma lui la riconobbe.  Nel suo sguardo, nella sua gentilezza, la fata sentì il dolore farsi meno intenso. Forse aveva trovato qualcos’altro in grado di renderla libera. 


Pubblicato da Unknown alle 11:33  

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