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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Molto meglio

mercoledì 31 ottobre 2012

Buonsalve, amici!
Questo racconto è scritto per tutte quelle che da piccole sognavano di diventare principesse (io da piccola desideravo diventare Sailor Moon quindi vi lascio immaginare XD ), ma che come me hanno scoperto col tempo che è molto meglio essere… qualcos’altro ;)


Molto meglio
(racconto n.61)

Quando ero piccola volevo diventare una principessa.  Ne ero così convinta che a ogni occasione facevo i capricci per poter indossare una piccola coroncina di plastica che i miei genitori mi avevano regalato per il mio quinto compleanno.
Ero una di quelle bambine che sognavano il principe azzurro e che immaginavano come sarebbe stato il loro vestito da sposa.
Lo ammetto ero anche davvero testarda. Non solo infatti mi vestivo come una principessa, ma mi comportavo anche come tale pretendendo non solo di essere servita e riverita, ma che tutti mi trattassero col dovuto rispetto.
Questo ovviamente non fece che rendermi vittima delle prese in giro di tutti i miei compagni. C’erano due bambine in particolare che non facevano altro che farmi scherzi orribili e di pessimo gusto. Una volta sono arrivate perfino a mettermi una rana nello zaino per poi dirmi che se ero davvero una principessa potevo benissimo baciarlo e trasformarlo in principe.
Non smisero nemmeno al liceo, quando ormai le mie fantasie di diventare una principessa avevano ceduto il posto alla realtà. Mi chiamavano “la principessa sul pisello” e non certo in riferimento alla favola.
Un giorno però non resistetti più. I loro soprusi, gli scherzi continui, la nomea di ragazza facile che avevano diffuso alle mie spalle… ogni ora passata al liceo era diventata un vero inferno a causa loro. Poi però, quel fatidico giorno, qualcosa cambiò dentro di me.
Sentii un’energia nuova, una forza che dal mio petto si estendeva in tutto il corpo.
Eravamo in corridoio, durante la pausa a metà mattinata e loro si stavano già avvicinando pronte a giocarmi uno dei loro soliti scherzi.
Quando quell’energia traboccò mi ritrovai a desiderare che il secchio d’acqua che il bidello stava usando per pulire finisse loro in testa.
Sgranai gli occhi quando vidi il secchio sollevarsi alle loro spalle e rovesciarsi su di loro inondandole di acqua saponata e sudiciume.
Le due oche si misero a strillare, attirando gli sguardi di tutti e provocando una risata generale.
Fu allora che scoprii il mio potere, quel dono che aveva reso speciale la mia famiglia nei secoli.
Fu allora che capii davvero che fare la principessa non era per me.
Era decisamente meglio essere una strega.
   


Pubblicato da Unknown alle 11:01 0 commenti  

Fastidiosi difetti

martedì 30 ottobre 2012

Buon inizio settimana a tutti!
Il racconto di oggi è nato pensando a quelle piccole cose che di solito ci fanno alterare de nostro ragazzo/a e delle reazioni esagerate che spesso abbiamo per quelli che alla fine sono difetti davvero da poco.


Fastidiosi difetti 
(racconto n.60)

Vanda amava suo marito e su questo non c’erano dubbi. Erano sposati ormai da una decina di anni, un matrimonio con i suoi alti e bassi, ma comunque felice come pochi.
Certo nessuno dei due era perfetto. Lei non era una moglie modello, ma cercava sempre di migliorare quei difetti che la rendevano estremamente difficile da sopportare.
Quello peggiore era sicuramente la totale mancanza di pazienza. Si arrabbiava per ogni minima cosa, urlava, strepitava e, spesso, arrivava anche a usare le mani.
Era una persona molto aggressiva e incapace di controllarsi. Erano molte le volte in cui era perfino arrivata a desiderare di poter uccidere realmente qualcuno.
Con il suo compagno però era diverso. Con lui era sempre riuscita a controllarsi. C’era solo una cosa  che le faceva perdere davvero le staffe: i rumori irritanti che faceva ogni volta che masticava.
Sembrava che non riuscisse in alcun modo a mangiare senza farle sentire rumori disgustosi o farle vedere quello che aveva in bocca. Ogni volta lei doveva fargli notare quel difetto perché lui la smettesse.
Un giorno però suo marito si era messo in testa di farla arrabbiare sul serio.
Continuò a masticare in quella maniera disgustosa e quando lei gli chiese con gentilezza di smetterla riprese a fare versi ancora più forti.
Arrivati al secondo, Vanda non ce la fece più. Quando lui mese in bocca il primo boccone di pollo e iniziò a masticare, afferrò il coltello e glielo piantò con forza in una mano.
Lui urlò, sputacchiando cibo masticato ovunque.
- Allora, tesoro, la vuoi smettere di fare quei rumori mentre mangi o no?
Sanguinante e in lacrime, l’uomo fece un cenno di assenso col capo.
- Bene. – disse lei, togliendogli il coltello dalla mano. – Riprendiamo a mangiare.
L’uomo deglutì cercando di controllarsi, ma il dolore e la paura gli fecero fare un rumore più forte del previsto.
Vanda lo fulminò con lo sguardo. – Lo sai che questa la pagherai molto cara, vero?

Poco dopo i due si erano rimessi a tavola e Vanda osservava soddisfatta il marito.
Aveva la bocca e il mento ricoperti di sangue e del grosso filo che gli cuciva le labbra in modo da lasciare solo un piccolo spazio per far passare una cannuccia.
Ora sì che non le avrebbe più dato fastidio con quei versacci!



Pubblicato da Unknown alle 10:33 0 commenti  

Di fede Pagana

lunedì 29 ottobre 2012

Buonsalve a tutti! Questo racconto è nato da numerose riflessioni fatte nel corso del tempo e da situazioni in cui io stessa a volte mi sono ritrovata per via del mio credo.
Ci tengo a precisare che questo racconto non rappresenta un’accusa contro alcune religione, bensì una condanna al bigottismo e all’estremismo ahimè presenti oggi in ogni religione.

Di fede Pagana 
(racconto n.59)

Si dice che in questo ventunesimo secolo la gente si stia allontanando dalla fede e che la scienza stia diventando più forte della religione.
In questi tempi così caotici credo invece che la gente abbia solo più paura e  che si approcci alla fede in maniera aggressiva e confusa.
È come se nella mentalità comune ogni singola religione abbia finito con l’acquisire significati distorti e negativi. Agli occhi del mondo il Paganesimo è diventato sinonimo di satanismo; l’Islamismo di terrorismo, il Cristianesimo di ipocrisia e intolleranza.
Che sciocca, forse avrei dovuto presentarmi, prima: mi chiamo Sheila e sono pagana. Ho abbracciato la mia fede a trent’anni anni, dopo un percorso che mi ha portato a fare scelte e cambiamenti importanti.
Ricordo che non è stato facile aprirmi all’inizio. Avevo paura di parlare del mio credo perché sapevo bene quanto diffidenti possono essere le persone. La gente ha paura di ciò che è diverso, di quello che va a minare la sua tranquilla quotidianità e per questo tende a mettersi sulla difensiva di fronte a ciò che può rappresentare una minaccia.
Molte volte mi sono sentita rivolgere occhiatacce e commenti a bocca storta, ma col tempo ho imparato a fregarmene. Poi, un giorno, una vecchia amica di mia madre diede letteralmente di matto.
Iniziò a darmi della strega, a dire che sarei bruciata all’inferno se avessi continuato a venerare il diavolo. Ma non era il diavolo che pregavo, non era lui al male che mi rivolgevo durante i miei rituali.
La mia fede era riposta nella Dea, madre ed essenza della natura stessa. No so da dove mi venne il coraggio, ma mentre lei continuava a sbraitarmi contro capii che non avrei mai più dovuto aver paura di persone così.
Quando ebbe finito il suo sermone mi limitai a incrociare le braccia sul petto. – Signora se non ricordo male, qualcuno di molto saggio una volta ha detto “ama il prossimo tuo come te stesso”. Beh, se non lo sa il rispetto è una delle forme di amore più grandi che esistano quindi abbia rispetto della mia fede così come io ne ho della sua.
Non dissi altro. Le diedi le spalle e mi avviai verso la porta.
Quando arrivai all’uscio però mi voltai e aggiunsi. – E per la cronaca: io non venero il diavolo!
Me ne andai sentendo una strana forza dentro di me.
Non avevo più paura. Non ne avrei avuta mai più.




Pubblicato da Unknown alle 10:54 0 commenti  

Zombie Wedding Planner

domenica 28 ottobre 2012

Buonsalve amici!
Uno dei precedenti racconti narrava la storia di un Divorce Planner e ovviamente non potevo non pensare anche ai Wedding Planner. E ovviamente come potevo non tornare a parlare dei miei, cari, adoratissimi zombies? ;)

Zombie Wedding Planner
(racconto n.58)

Organizzare matrimoni, come ben saprete, non è un lavoro semplice. Tutto in quel giorno speciale deve essere perfetto, meraviglioso come solo un sogno può essere e ovviamente riuscire a far sì che non ci siano imprevisti è un’impresa davvero ardua se non impossibile.
E se in più gli sposi fossero anche morti? Anzi non –morti?
È qui che intervengo io. Katie, la migliore Wedding Planner Zombie per matrimoni di zombies. Nel mio lavoro sono molti gli ostacoli da superare. Il primo fra tutti è sicuramente la conservazione degli sposi. Ve l’immaginate che figura se la sposa, avanzando verso il suo futuro marito, perdesse all’improvviso, non so, un occhio? A un matrimonio (non organizzato da me, ovvio) è capitato ed è scoppiato il caos. L’occhio aveva iniziato a rotolare per la sala e gli ospiti non-morti , chinandosi per raccoglierlo, avevano finito con l’urtarsi a vicenda perdendo a loro volta dei pezzi. Il risultato? Cerimonia iniziata con un’ora di ritardo, pezzi di invitati sparsi ovunque e una spesa extra per far ripulire bene la sala dal sangue. Un vero disastro.
Insomma conservare al meglio gli sposi con prodotti specifici è sicuramente la prima cosa alla quale una brava Zombie Wedding Planner deve pensare.  Poi  bisogna occuparsi della puzza. Di certo non si può pretendere che tutti gli invitati zombies indossino orecchini di Arbre Magique, ma quantomeno è possibile risolvere il problema trovando una sala piuttosto ampia e disponendo candele profumate in punti strategici. Un modo per perfetto per creare un’atmosfera romantica e allo stesso tempo attenuare la puzza di morto.
Altra faccenda spinosa da risolvere durante il matrimonio di un non-morto è il catering del pranzo. Se gli invitati sono tutti morti allora basta trovare quale  spuntino adatto a base di cervella, carne fresca e frattaglie in umido, ma se gli sposi dovessero avere parenti ancora vivi?
Come fare per evitare che vengano divorati dagli altri ospiti defunti?
Decisamente un problema non da poco visto che se i parenti uccisi dovessero tornare come non-morti finirebbero per distogliere l’attenzione dalla coppia di sposi che invece devono essere assoluti protagonisti della giornata.
La risposta al dilemma ovviamente è semplice: organizzare due arie buffet, una per i vivi e una per i morti. Ovviamente quella per gli zombies dovrà essere talmente fresco e invitante da distrarrli dall’altro buffet e… no! Basta così.
Non vi svelerò altro della mia arte. Se volete saperne di più basta richiedere la mia consulenza come Wedding Planner. 
Dopo essere morti ovviamente.


Pubblicato da Unknown alle 11:27 0 commenti  

Il fantasma che odiava Halloween

sabato 27 ottobre 2012

Buonsalve!!! Ecco qui un racconto speciale pensato per l’avvicinarsi di Halloween. Si dice che quella sia la notte in cui gli spiriti possono vagare liberi per il mondo, ma se non tutti i fantasmi l’apprezzassero? Se ci fossero alcuni spiriti con un ego così smisurato da non accettare la concorrenza?
Beh, fatemi sapere che ne pensate ;) Buona lettura!

Il fantasma che odiava Halloween
(racconto n.57) 

Salve a tutti, mi chiamo Mick, sono un fantasma e detesto con tutto me stesso Halloween.
Vi racconto la mia storia così potrete capire  il perché di questa mia avversione: in vita ero un cantante Pop davvero molto famoso. La mia esistenza era una festa continua fatta di luci, concerti e grida di fan scatenati.
Non c’era un momento in cui non mi sentissi al centro dell’attenzione, acclamato e osannato non solo dagli ammiratori, ma anche dai colleghi musicisti.
La cosa ovviamente mi piaceva e molto. Ricevere le attenzioni degli altri, nel bene o nel male, era tutto per me. Per questo quando morii fu dura accettare di essere diventato un fantasma.
Ero svanito dalla faccia della terra, nessuno poteva più vedermi o acclamarmi.
Fu un vero trauma. A lungo vagai senza sapere bene che fare, senza uno scopo se non quello di trovare il modo di attirare ancora l’attenzione della gente.
Un giorno, dopo circa cinquant’anni di tortura, lo trovai. Scoprii che se mi concentravo abbastanza ero in grado di spostare gli oggetti e di manifestarmi per pochi secondi.
Fu un successone! Usai il mio vecchio appartamento come luogo per le mie “infestazioni” e da allora la mia casa divenne una meta di pellegrinaggio per tutti i miei fan e per coloro che volevano provare un brivido di paura fuori dall’ordinario. Ogni giorno era come tornare di nuovo sul palco.
Che importanza può avere però la notte di Halloween un misero fantasma? Quel giorno, mentre molti dei miei fans se ne vanno in giro a fare “Dolcetto o Scherzetto”, di solito i visitatori che vengono a rendermi omaggio finiscono col definirmi “uno scherzo di Halloween ben fatto, ma scontato.”
Insomma invece di essere una star capace di suscitare terrore e meraviglia vengo scambiato per uno stupido fenomeno da baraccone e fidatevi: se siete una Pop star morta da decenni con alle spalle una vita come la mia tutto questo è davvero inaccettabile.


Pubblicato da Unknown alle 11:39 0 commenti  

Di Fuoco e di Ghiaccio

venerdì 26 ottobre 2012

Buonsalve! Questo racconto nasce da un mio tentativo di scrivere una favola con un lieto fine. Ovviamente il tentativo è fallito. È più forte di me! Anche volendo non riesco proprio a scrivere finali Disneyani… Beh, pazienza. ^,.,^

Di Fuoco e di Ghiaccio
 (racconto n.56)

C’era una volta un cavaliere nato con il dono incredibile di poter controllare le fiamme. Il suo corpo non solo era in grado di resistere al fuoco, ma poteva perfino generarlo con una facilità estrema senza consumarsi o danneggiarsi.
Questo suo dono però era anche la sua maledizione. Nessuno infatti sembrava volersi avvicinare a lui. Tutti finivano sempre con l’isolarlo o scacciarlo per paura che potesse bruciarli o incendiare le loro case. Per questo il cavaliere aveva iniziato a errare, spinto dalla consapevolezza che nessuno avrebbe mai potuto amare le fiamme che facevano parte di lui.
Un giorno però, in una landa remota, incontrò una bellissima fanciulla. La sua pelle era nivea, gli occhi di un grigio chiarissimo come i capelli simili a un mantello d’argento alle sue spalle.
La fanciulla osservava il cielo grigio con aria pensierosa. Sembrava in attesa, come se avesse la consapevolezza che stesse per accadere qualcosa d’importante.
Affascinato dalla sua esile bellezza, il cavaliere si avvicinò. Aveva paura che lei potesse accorgersi del suo dono e scacciarlo come avevano fatto tutti gli altri.
La fanciulla però non sembrò spaventata da lui. Sapeva bene cosa volesse dire essere soli perché come lui, anche lei aveva un dono speciale: il suo corpo infatti era fatto di freddo ghiaccio e avrebbe congelato chiunque l’avesse anche solo sfiorata.
I due, uniti dalla stessa solitudine, rimasero a lungo a parlare, condividendo paure e segreti. Si diedero appuntamento per il giorno dopo e poi per quello successivo. Per quanto fossero diversi insieme si sentivano felici, per la prima volta completi.
Il tempo passò e i due, uniti ormai da un tenero amore, capirono che forse avevano vissuto la loro intera esistenza in attesa di quell’unico incontro. Sapevano cosa sarebbe successo se si fossero toccati, ma per quanto la paura fosse tanta, non importava.
Valeva davvero la pena rischiare per quel sentimento. In quell’unica notte, il cavaliere di fuco e la fanciulla di ghiaccio scelsero di amarsi.
Al mattino, nel loro giaciglio nel bosco, degli uomini trovarono solo un pezzo di carbone ormai freddo e un cristallo di ghiaccio che si stava rapidamente sciogliendo.
Attorno ad essi un prato ricoperto di bellissimi fiori d’oro e argento.


Pubblicato da Unknown alle 11:05 0 commenti  

Delirio apocalittico

giovedì 25 ottobre 2012

Buonsalve a tutti!
Visto che siamo nel 2012 e che tra poco meno di due mesi finirà il mondo ecco a voi un raccontino su come rischiamo di finire tutti quanti una volta superata la fatidica data del 21 dicembre XD

Delirio apocalittico
(racconto n.55)

- 21 dicembre 2012. Si, si, la profezia Maya, la fine del mondo, cazzi amari per tutti. Lo so. L’ho sentito ripetere così tante volte che ormai ne ho quasi la nausea.
Ma si può sapere che cosa vi aspettate? Prendete esempio da me: sono un normale impiegato delle poste e domani, il fatidico giorno del giudizio appunto, mi alzerò come ogni mattina per andare in un posto che odio, pieno di persone che detesto, nel quale incontrerò gente a cui non fregerà assolutamente niente di me. Ecco vista così la fine del mondo non sembra più nemmeno così male… no dai poteva andarmi peggio infondo. Potevo… potevo…
Stavamo parlando della fine del mondo? Beh vi dimostrerò che non ci sarà alcuna apocalisse domani!
Rimanete con me e vedrete.

(…….)


Finalmente ci siamo siete pronti per rituffarvi nella solita, noiosa banale vita quotidiana? Guarda e… Non ci credo! Le strade sono completamente deserte! Non c’è più nessuno in giro!
Mi chiedo se… Oddio la gente è scomparsa!
La fine del mondo è arrivata e noi siamo gli unici superstiti. La fine del mondo! È la fine del mondo!
- Non è successo niente signor Santos. – disse un’infermiera cercando di calmare l’uomo che si muoveva avanti e indietro nella sua stanza, agitando le mani come un predicatore folle. – Il 21 dicembre 2012 è passato da mesi. Non è sparito nessuno e non c’è stata alcuna fine del mondo.
L’uomo la guardò per un attimo intontito poi prese le medicine che la donna gli stava porgendo e dopo averle ingoiate scoppiò a ridere. – Ha perfettamente ragione lo sa? Tutto questo parlare della fine del mondo mi ha innervosito. Sono convinto anch'io che in fondo non succederà assolutamente niente!


Pubblicato da Unknown alle 10:47 0 commenti  

L'ombra

mercoledì 24 ottobre 2012

Buonsalve amici!
Questo racconto è nato da una riflessione sull'amicizia, di come a volte, ingenuamente, consideriamo amiche persone che non lo meritano affatto e che farebbero di tutto pur di riuscire a farci del male. Non so voi, ma io al posto dell’ombra non sarei stata tanto buona con Jane e voi?

L'ombra
(racconto n.54)

Jane aveva sempre avuto paura della sua ombra. La considerava come una sorta di fastidiosa presenza che si divertiva a seguirla e a imitarla ovunque andasse.
Se ne voleva sbarazzare così tanto da aver tentato qualsiasi cosa pur di staccarsi da essa.
Aveva provato a correre più veloce di lei, a tagliarla nel punto in cui si univa ai suoi piedi eppure quell'insolente tornava puntualmente a seguirla e perseguitarla.
Ogni suo tentativo sembrava finire con un buco nell'acqua tanto che, dopo un po’, decise che forse era meglio provare a ignorarla.
L’ombra ci rimase male per la decisione di quella che per lei era la sua più cara amica.
Certo Jane cercava solo di sbarazzarsi di lei, ma almeno sapeva della sua esistenza e a differenza di molti altri umani la considerava come un essere vivente degno della sua attenzione.
Adesso invece sarebbe tornata ad essere una creatura priva di sostanza e volontà. Una cosa che poteva benissimo essere ignorata.
Col tempo Jane si rese conto con soddisfazione che più faceva finta di niente, più la sua ombra diventava debole. Se prima era di un nero cupo che spiccava su ogni cosa, infatti, adesso era grigiastra e quasi trasparente. Presto sarebbe svanita del tutto.
Un giorno accadde qualcosa che lasciò Jane molto scossa. Mentre stava tornando dal lavoro, delle spranghe di ferro le caddero addosso da alcune impalcature.
Non capì come riuscì ad evitarle. Fu come se qualcuno l’avesse spinta via un attimo prima che le finissero addosso.
Quando, una volta arrivata a casa, la paura passò notò che la sua ombra non c’era più. Forse era stato per il grande spavento, fatto sta che se n’era andata. Finalmente era libera dal suo tormento!
Intanto, sotto le spranghe di metallo, l’ombra di Jane svaniva pian piano con un sorriso. Certo le faceva male l’idea di scomparire, ma era felice di potersene andare così, dopo aver salvato la sua più cara amica.


Pubblicato da Unknown alle 11:26 0 commenti  

Nato libero

martedì 23 ottobre 2012

Buonsalve!
Questo racconto nasce da.. da… non lo so con esattezza. Credo sia uno di quei racconti che nascono in maniera istintiva, partendo da una frase che porta poi allo sviluppo dell’intera storia.
Spero comunque che vi piaccia ^///^

Nato libero
(racconto n.53)


Non so quanto tempo passerà né cosa mi riserverà la mia strada, ma so che col tempo io riuscirò a vedere la fine di tutto questo. Sono nato schiavo, servo di un mondo in cui quelli come me non hanno diritto a una vita libera per il semplice fatto di essere nati con il sangue sbagliato. Una volta mia madre mi raccontò che noi, gli Ainion, eravamo la razza natia del nostro pianeta. Vivevamo in pace tra di noi e il nostro mondo finché un giorno non arrivarono loro, gli umani. Bellicosi, arrivarono dal cielo per conquistarci e dominarci con la forza.
A nessuno è permesso raccontare questa storia, ma mia madre aveva sempre saputo che l’unico modo per non dimenticare chi siamo è ricordare chi eravamo in origine.
Per questo forse sono cresciuto con la consapevolezza che c’era qualcosa di profondamente sbagliato nel mio essere asservito.
Loro dicevano che era quello il nostro stato naturale, ci avevano soggiogati così tanto da farci credere che fosse la verità.
Ma se era davvero così com’era possibile che la nostra razza in origine fosse nata libera?
Come potevamo essere noi le bestie, se erano loro che avevano finito col distruggere il loro stesso pianeta?
Per molti anni ho visto la mia gente brutalizzata e schiavizzata dagli umani egoisti.
Ho sofferto e visto soffrire i miei simili senza potermi opporre, senza poter fare altro che guardare e subire. Finché non ho incontrato Liam. Lontano parente della famiglia per cui lavoravo come bracciante,  giunse all’improvviso nella villa dei miei padroni che sembravano non vederlo di buon occhio. Tolleravano a malapena la sua presenza. Non lo allontanavano per paura che le altre famiglie potessero in qualche modo scoprire la sua vera natura in grado di rovinarli per sempre.  La prima volta che mi chiamò per parlare assunsi con lui l’atteggiamento servile al quale ero stato costretto per tanto tempo. Rimasi sbalordito quando si rivolse a me come a un suo pari; esterrefatto quando mi fece una proposta che non mi sarei mai aspettato. Liam voleva addestrarmi.
Aveva visto qualcosa in me, un’indipendenza che andava ben al di là di quella di qualsiasi mio simile. Per questo voleva fare di me lo strumento per aiutare la mia gente.
Scoprii solo più avanti il perché del suo desiderio, la sua vita come figlio di entrambe le razze.
Fu grazie al suo aiuto che riuscii a porre fine alla mia schiavitù, a pagare la mia libertà con il sangue dei miei padroni. Fu lui a rendermi forte e a insegnarmi come nascondermi nellombra.
Iniziai così la mia missione e la mia vera vita.
Nascosto e fuggitivo, ribelle e libero per il mio popolo schiavo e per coloro non ancora venuti al mondo.






Pubblicato da Unknown alle 11:04 0 commenti  

Un incontro inevitabile

lunedì 22 ottobre 2012

Buonsalve a tutti! 
Questo racconto parla di quegli incontri che in un modo o nell’altro sono destinati ad avvenire. Personalmente non credo molto nel caso. Sono convinta che certe cose accadono per un motivo e che, a volte, per quanto possano sembrare brutte sono destinate a far nascere qualcosa di bello.

Un incontro inevitabile
(racconto n.52)

Danny era un vero amante del computer. Passava giornate intere davanti allo schermo, giocando o girovagando su internet in cerca di novità informatiche o chat in cui scambiare due chiacchiere con altri appassionati. Quello che preoccupava di più i suoi genitori era il fatto che per via del suo interesse ormai non metteva più il naso fuori casa.
Gli unici amici che aveva erano quelli di facebook mentre nemmeno ricordavano quando era stata l’ultima volta che si era trovato una ragazza.
Internet e i videogiochi sembravano essere la sua unica passione.
Un giorno però, accadde qualcosa che sconvolse completamente la visione del mondo di Danny. In un gdr on line incontrò Alice, una delle ragazze più nerd che lui avesse mai conosciuto.
Lo aveva incantato fin da subito.  Sembrava aver giocato a tutti videogiochi possibili e immaginabili e parlava come un’informatica di prim’ordine.
Si incontrarono spesso in chat, chiacchierando di ogni cosa, condividendo notizie e curiosità legati al loro comune interesse.
Danny si sentiva in sintonia con lei come non lo era mai stato con nessuno. Iniziò a provare il desiderio irrefrenabile di conoscerla, di vedere chi fosse la splendida ragazza con cui aveva parlato per così tanto tempo.
Fu così che, emozionato, le chiese dove vivesse. Quasi fece i salti di gioia quando gli disse che abitava nella sua stessa città.
Il giorno dell’incontro fu davvero emozionante per lui e per i suoi genitori che quasi si misero a piangere dalla gioia quando lo videro uscire di casa.
Mentre stava per raggiungere il luogo dell’appuntamento però ebbe un incidente. Stava attraversando la strada con la testa fra le nuvole e una macchina gli andò addosso. Fortuna che il guidatore aveva frenato altrimenti avrebbe rischiato di prendere ben più di una brutta botta.
Non riportò lesioni gravi, ma venne comunque ricoverato in ospedale per un paio di notti. Il giorno dopo l’incidente una ragazza si presentò da lui, mortificata.
Era la guidatrice della macchina che lo aveva investito. Si scusò, ammettendo che si era distratta per via di un appuntamento importante che doveva avere quella sera stessa.
- Tranquilla anche io ero distratto. – disse lui rassicurandola. – Dovevo incontrarmi con una ragazza in un bar poco distante e per la fretta non ho guardato mentre attraversavo.
Lei lo fissò con occhi sgranati. Timorosa lo chiamò con il suo nickname storico lasciandolo senza parole.
Senza volerlo, scoppiarono a ridere contemporaneamente rendendosi conto che certi incontri non potevano proprio essere evitati.


Pubblicato da Unknown alle 11:23 0 commenti  

Volevo fare la non-morta

domenica 21 ottobre 2012

Buooooooonsalve! Ecco qui il nuovo racconto di oggi per tutte quelle persone che vorrebbero diventare vampiri, ma che non sanno esattamente a cosa potrebbero andare incontro :P

Volevo fare la non-morta
(racconto n.51)

Nadia era cresciuta leggendo romanzi sui vampiri. Da Anne Rice alla Hamilton, dalla Harris alla Yarbo, aveva sempre amato quelle straordinarie creature della notte.
Era così incantata dal loro fascino che il suo più grande desiderio era quello di diventare, un giorno, una splendida non-morta.
Già si vedeva coi suoi lunghissimi capelli neri e la carnagione diafana a vagare tra le ombre a caccia di nuove prede di cui nutrirsi. Sarebbe stato meraviglioso!
Un giorno un ragazzo le si avvicinò in discoteca con fare sicuro. Era bellissimo, elegante e con un sorriso che la fece andare fuori di testa. Era proprio così che s’immaginava dovesse essere un vampiro!
Dopo essersi presentato, il giovane la scrutò con i suoi occhi intensi. -  So che cosa desideri. – le disse enigmatico.
- Ah, sì? – civettò lei. – Sentiamo, cos’è che vorrei?
Lui si mise una mano in tasca e ne estrasse una fialetta. – L’immortalità. Tu vuoi diventare una creatura non più viva, affamata dei suoi stessi simili.
Nadia pensò per un attimo di alzarsi e andarsene. La sua parte razionale le diceva di allontanarsi da quel maniaco, ma la sua curiosità la spingeva a restare. Sarebbe stata una vera figata se quel ragazzo potesse davvero trasformarla in vampira!
Era anche sicura di avergli visto brillare in bocca dei canini acuminati.
- Non dovresti mordermi o cose del genere? – gli chiese.
-  Ma andiamo! – rise lui. – Non mi dire che sei ancora legata a certi stereotipi.
Nadia sorrise e scosse la testa. – No, figurati. La mia era solo curiosità.
Lui le sorrise e le porse di nuovo la fialetta.
Un po’ timorosa, Nadia la prese e la bevve tutta d’un fiato. Il dolore arrivò improvviso annebbiandole la mente. Pochi secondi e cadde a terra, priva di vita.
- Braaaaaaains. – fu la prima cosa che disse quando si rialzò. Aveva fame, una fame tremenda! Guardò le persone che le si erano ammassate attorno, provando l’irrefrenabile desiderio di strappare loro brandelli di carne.
Il ragazzo che le aveva dato la fialetta la guardò sghignazzando. – allora com’è essere una non-morta?
Fu in quel momento che si rese conto della verità: quel bastardo non l’aveva fatta diventare una vampire. L’aveva trasformata in una dannatissima zombie!




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La rivincita delle sorellastre

sabato 20 ottobre 2012


Buonsalve a tutti! Ecco a voi anche oggi una bella rivisitazione di una fiaba. Questa volta si tratta di Cenerentola che però non se la passerà bene come al solito ;) Piccola curiosità per chi non lo sapesse: lo sapevate che in una delle versioni della storia le sorellastre si tagliano davvero i piedi per ingannare il principe e poter calzare la scarpetta?

La rivincita delle sorellastre
(racconto n.50!!!!!!!)

Cenerentola era ansiosa. Non riusciva a credere di essersi recata la sera prima al gran ballo né di essere fuggita dal principe lasciandosi alle spalle solo una delle sue scarpette di cristallo. All’inizio aveva pensato che tutto sarebbe finito lì, con la sua fuga e la fine di quella magica serata, ma quella mattina le era giunta una voce che l’aveva lasciata senza parole: il principe aveva intenzione di trovare e sposare la ragazza il cui piede avrebbe calzato la scarpetta di cristallo.
Ovviamente si era ben guardata dal dire alla sua matrigna e a quelle perfide sorellastre che era lei la misteriosa ragazza che tutti cercavano altrimenti l’avrebbero rinchiusa in uno stanzino o peggio.
Con la visita del messaggero del principe ormai prossima, in casa c’era una grande agitazione.
La matrigna sbraitava, le sorellastre correvano avanti e indietro.
Sapevano che la scarpetta era minuta e i loro piedi troppo grandi quindi dovevano trovare un modo per riuscire a ingannare il principe.
La matrigna voleva a tutti i costi che una delle sue figlie, possibilmente la maggiore, lo sposasse. Sarebbe stata la svolta che aveva sempre aspettato per la sua vita.
Fu allora, nel caos generale, che Cenerentola vide la donna afferrare un grosso coltello e dirigersi verso le due ragazze. Sgranò gli occhi mentre lei amputava le dita e i talloni alla figlia più piccola, smussandole i piedi perché potessero entrare nella scarpina.
Terrorizzata, la sorellastra maggiore scappò rifugiandosi nello stanzino che Cenerentola usava come camera. La matrigna le andò dietro poi in casa piombò il silenzio.
Cenerentola le vide tornare nella sala principale con dei ghigni stampati sul volto. Le si avvicinarono brandendo entrambe dei grossi coltelli.
Non le diedero nemmeno il tempo di urlare.

Quando il messaggero arrivò nella loro villa, la matrigna fece andare avanti subito la sua figlia maggiore.  Dopo una breve presentazione, l’uomo s’inchinò porgendole la scarpetta. Calzò perfettamente.
Estasiato, egli alzò gli occhi guardando i due esili piedini della ragazza. La prima cosa che notò furono le strane cuciture all’altezza delle caviglie, ma non ci badò più di tanto quando lei gli porse la seconda scarpetta di cristallo, trovata nella stanza di Cenerentola della quale non avrebbe più indossato solamente le scarpe.


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La cena di Hansel e Gretel

venerdì 19 ottobre 2012

Buonsalve!
Questa storia mi è venuta in mente credo per via di un libro di Hansel e Gretel che ho ordinato per la libreria e ovviamente è ispirato a questa celebre favola. E se i due fratellini invece di prendere le ricchezze della strega l’avessero anche… “assaggiata”? ;)

La cena di Hansel e Gretel
(racconto n.49)

Glenda e Manuel erano due gemelli di otto anni molto, molto golosi e amanti dell’avventura. Abitavano nei pressi di un bosco che, secondo quanto diceva loro la nonna, nascondeva la casa di marzapane nella quale Hansel e Gretel avevano affrontato la strega cattiva.
Spinti dalla curiosità, i due un giorno decisero di avventurarsi nella foresta in cerca della casetta. Ricalcando le orme della favola, si lasciarono dietro una scia di sassolini per ritrovare la strada del ritorno e pieni di entusiasmo i due si spinsero fin nel cuore della foresta. Lì la trovarono: era una piccola abitazione a un piano con le mura di marzapane, il tetto panna e porte e finestre di dolci e cioccolato.
Uno spettacolo che fece venire loro l’acquolina in bocca.
Corsero subito verso l’abitazione e si fecero una grande abbuffata, riempiendosi la pancia come non facevano da tanto.
All’improvviso però, Glenda si accorse che la porta era socchiusa.
- Manuel, guarda! – disse al fratello facendogli cenno di avvicinarsi. – La porta è aperta. Che ne diresti di entrare?
Il fratellino non se lo fece ripetere due volte. Sgusciò oltre la soglia, seguito a ruota dalla sorella entusiasta.
Appena i due furono dentro però, la porta si chiuse alle loro spalle.
Una vecchia emerse dall’ombra, mettendosi tra loro e l’unica via d’uscita.
- E così vi siete rimpinzati della mia casa, vero? – gracchiò la megera.
I due iniziarono a tremare, terrorizzati dalla strega che era comparsa loro davanti all’improvviso.
- Signora strega, - piagnucolò Manuel. – la prego non ci mangi.
La risata della vecchia riempì la stanza. – Io non sono una strega, bel bambino.
I due gemelli tirarono un sospiro di sollievo.
- Questo però non vuol dire che non vi mangerò comunque.
I bambini indietreggiarono spaventati fino a ritrovarsi con la schiena premuta contro le pareti.
- Tranquillo, Manuel. – sussurrò Glenda. – Faremo come nella favola: quando proverà a buttare uno di noi nel forno, l’altro la spingerà dentro al suo posto.

Quella sera, la vecchia apparecchiò la tavola fischiettando allegramente. – Fratellino! – gridò. – È pronta la cena!
Dall’altra stanza uscì un vecchio raggrinzito che, zoppicando, si sedette su una sedia malandata. – Che hai preparato, Gretel?
La vecchia gli poggiò davanti un abbondante piatto di carne rosata. – Carpaccio di bambino, Hansel. Due fratellini. Pensa che speravano di riuscire a gettarmi nel forno come noi abbiamo fatto con la strega. Peccato per loro che il fuoco non fosse acceso!
I due scoppiarono a ridere di gusto.
-  Se ci fossero riusciti – disse il vecchio. - magari ti avrebbero assaggiata come noi abbiamo fatto con la strega e avrebbero iniziato anche loro la nostra “dieta particolare”.
I due ripresero a ridere poi, in silenzio, si misero a consumare il pasto abbondante.


Pubblicato da Unknown alle 10:57 0 commenti  

Le difficoltà di un vampiro

giovedì 18 ottobre 2012

Buonsalve a tutti!
Il racconto di oggi nasce come piccola presa in giro della moda vampiresca che ha imperversato negli ultimi anni e trae ispirazione da alcune vignette e barzellette lette in rete.  Forse riceverò qualche insulto per alcuni riferimenti a una certa “saga”, ma ne sarà valsa davvero la pena XD

Le difficoltà di un vampiro
(racconto n.48)

Essere un non-morto nel ventunesimo secolo non è proprio il massimo. Io, Alexander Vladamp, ne so qualcosa. Sono diventato un vampiro circa trecento anni fa e allora si che le cose andavano bene. A quei tempi quando trovavi una succulenta vergine e ti mostravi a lei, questa gridava terrorizzata e opponeva una strenua resistenza rendendo il suo sangue ancora più dolce e saporito.
Oggi invece la caccia è diventata quanto mai ridicola.  Intanto già il fatto di trovare una vergine è una cosa assai rara. Conoscevo vampiri  fissati così tanto con questa assurda tradizione (come se poi facesse una qualche differenza) che hanno finito col morire di fame o venire arrestati per presunta pedofilia per aver avvicinato con fare equivoco minori di tredici anni… per poi ovviamente morire di fame in prigione.
La strana immunità al restare vergini troppo a lungo nella società moderna però non è certo il mio problema più grande. Quello che mi fa più incazzare è che ogni volta che avvicino una preda questa si mette a urlare, sì, ma non certo per i motivi giusti.
Quando ti avvicini a una ragazza all’inizio ovviamente si spaventa, ma appena si rende conto che sei un vampiro ecco che inizia a pregarti di morderla e trasformarla per farle vivere un’intensa e luminosa storia d’amore.
Ma perchè? Perché?
Il fatto che io voglia ciucciare il sangue di una ragazza non vuol dire certo che io sia follemente innamorato di lei! Insomma se una porchetta si comportasse allo stesso modo mentre cercate di farla allo spiedo non avreste la mia stessa reazione? Sarebbe quantomeno inquietante!
Ho anche provato a rivolgermi a un pubblico più maturo, ma ho scoperto che molte signore hanno la stessa agghiacciante reazione delle loro figlie.
Alcune mi hanno perfino chiesto di uscire alla luce del sole per vedermi “sbrilluccicare”. Si peccato che i VERI vampiri somiglino più a fiaccole accese che a cristalli Swarovski quando si espongono al sole. Beh, in ogni caso ormai ho imparato a difendermi da queste amanti della moda vampiresca.
Per questo mi sono dato a una caccia molto più salutare e appagante, una caccia possibile solo ai giorni nostri: quella ai meravigliosi furgoni dell’AVIS.


Pubblicato da Unknown alle 10:52 0 commenti  

La dama di cristallo

mercoledì 17 ottobre 2012

Buonsalve amici!
Questo racconto è stato ispirato dalle statue di luce dell’artista scozzese Rob Mulhollande esposte nella foresta di David Marshall Lodge (La foto in basso rappresenta una di esse). Le ho scoperte per caso, curiosando su internet, e le ho trovate a dir poco meravigliose.

La dama di cristallo
(racconto n.47)

Laithiel era una dama di cristallo.  Il suo corpo era esile e trasparente attraverso il quale ogni appariva come una realtà parallela fatta di luce e incanto. Abitava con la sua gente in un’antica foresta tanto vasta quanto pericolosa.
Erano in molti infatti a smarrirsi all’interno di essa, rischiando la vita tra i suoi rami intricati. Le capitava spesso di incontrare umani smarriti, per questo si era data una semplice regola: se l’animo del mortale era puro lo avrebbe aiutato a uscire dal bosco altrimenti lo avrebbe purificato, tramutandolo in un essere di cristallo come lei.
Un giorno trovò un ragazzo che, visibilmente spaventato, vagava senza meta chiedendo disperatamente aiuto.
Accompagnata da un limpido scampanellio, la dama si manifestò. Bellissima e luminosa, apparve davanti all’umano che rimase affascinato dalla sua bellezza.
La dama si presentò, leggendo nel suo cuore la sua purezza e bontà d’animo. – Salve, mortale. Il mio nome è Laithiel e sono qui per aiutarti a ritrovare la via.
Il ragazzo s’inchinò profondamente. Nel momento in cui aveva posato il suo sguardo su di lei, la paura della foresta era svanita del tutto dal suo cuore. Come poteva la dimora di una creatura così bella essere pericolosa?
- Il mio nome è Adamon. – disse lui. – Ti ringrazio per il tuo aiuto, ma se vivere qui vuol dire poterti vedere ancora allora non penso che lascerò mai questi boschi.
La dama però era indifferente alle sciocche e superficiali lusinghe degli umani. Con i suoi poteri fece apparire il ragazzo ai margini del bosco, lasciandolo solo e amareggiato con il suo desiderio.
Adamon però non si arrese. Ogni giorno infatti si recava nel bosco sperando di ritrovarla. Per quanto lei lo allontanasse il desiderio di vederla sembrava essere più forte di qualsiasi altra cosa.
- Perché continui a tornare? – gli disse una volta la dama, incapace di capire il suo comportamento.
– Perché se qualcosa può davvero rendere il mondo così bello allora vale davvero la pena di essere protetta. – rispose lui senza esitazione.
La dama fu toccata dalle sue parole. Lo abbracciò e quando lo fece il corpo del ragazzo si trasformò in limpido cristallo.
Da allora i due abitano insieme la granfe foresta, aiutando le anime pure a ritrovare la strada di casa.   


Pubblicato da Unknown alle 11:36 0 commenti  

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