Buonsalve amici,
premetto che il titolo del racconto non è sbagliato. Ne capirete il senso leggendo il racconto nato da una serie di riflessioni su quanto sia difficile, a volte, sentirsi liberi di essere se stessi.
Libero di essere me stessa
(racconto n.20)
Non so chi
tu sia né in quale strano e lontano mondo tu sia nato. Non conosco niente di te
e della tua vita, ma se sceglierai di continuare a leggere, tu saprai ogni cosa
della mia.
Sono nato in
un luogo dove la natura viene manipolata e programmata. Tutto deve essere
controllato per impedire il crollo di un pianeta ormai in bilico. Un mondo che
la nostra stessa razza ha quasi distrutto.
Perfino le
nascite vengono rigorosamente controllate.
Nel momento
in cui una donna viene ingravidata, infatti, le viene somministrato un siero
che altera la formazione del sesso del nascituro.
Per questo
quando nasciamo siamo androgini. Passiamo i primi anni della nostra esistenza
senza un’identità sessuale finché, dopo una serie di test accurati, la Commissione
di Attribuzione non decide quale sarà il nostro ruolo nella società.
È in base a
quel ruolo che ci viene somministrato l’ormone che ci permetterà di diventare
maschi o femmine.
Con me però
è stato diverso. Io sono quello che può essere classificato come “errore di primo
livello”. La mia nascita infatti non era
programmata nei database governativi.
Quando
scoprirono della mia esistenza ero già sviluppato sufficientemente da
permettere a mia madre di far applicare le leggi antiaborto.
Nessuno
sapeva però che la somministrazione ritardata del siero avrebbe avuto delle
conseguenze.
La mia vita
procedette in maniera piuttosto normale fino a quando non mi assegnarono alle
miniere di estrazione. Ero stato scelto per essere un maschio e passare la mia
vita a scavare la terra alla ricerca di minerali fossili.
Quando
conobbi i miei nuovi compagni di lavoro, mi resi conto che qualcosa nel
progetto di controllo non aveva funzionato. La mia diversità era evidente.
Certo ero un
uomo in tutto e per tutto, eppure il mio aspetto androgino non era mutato
molto. Fu allora che incontrai per la prima volta Marius.
Quello fu il
momento più importante della mia vita. Il momento in cui capii che non avrei
mai potuto esistere senza di lui. All’inizio non riuscivo a spiegarmi cosa mi
stesse accadendo, perché provavo questi sentimenti che molti avrebbero definito
“innaturali”. Poi, fu lo stesso Marius a farmi capire, quando rivelò di provare
il mio stesso sentimento. Quel corpo maschile che mi avevano dato, quella forma
che secondo loro sarebbe stata quella più congeniale per me, non mi
apparteneva.
La mia
natura non era quella di un uomo.
Furono anni
felici, in cui ci amammo di nascosto senza dover rendere conto a nessuno se non
a noi stessi. Vivevamo di momenti rubati che valevano più di una vita intera.
Alla fine
però la nostra realtà ci travolse.
Nel momento
in cui ci imposero una compagna per la riproduzione, la verità venne alla luce.
Stanchi di nasconderci e di mentire, ci opponemmo a quelle unioni forzate.
Marius venne
preso per primo. Io, non so come, riuscii a fuggire.
Quanta
vergogna provai nel momento in cui assistetti alla sua esecuzione pubblica. Non
riuscivo a perdonarmi di essere scappato abbandonandolo alla morte.
Ormai però
non manca molto. Loro stanno venendo a prendermi e quando arriveranno di me non
resterà che questa lettera.
Spero che tu
possa capire perché non abbiamo voluto piegarci. Spero che in qualche modo la
nostra vita possa dare a te il coraggio di essere ciò che sei e di amare
chiunque il tuo cuore ti porti ad amare.
Per quel che
mi riguarda mi avvicino alla fine con un sorriso perché per pochi anni,
nonostante tutto, sono stato libero di essere me stessa.
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