Buonsalve amici
il racconto di oggi ha un significato molto importante perché parla di una situazione che forse non tutti conoscono: attualmente, 600 persone rischiano il posto per via della possibile chiusura/vendita della divisione Italiana della catena di negozi FNAC. Per mesi i dipendenti sono rimasti nell'incertezza e ancora oggi non hanno idea di che ne sarà di loro e se, a fine anno, avranno ancora un lavoro.
Riporto qui il link del gruppo facebook e quello della petizione "SALVIAMO FNAC" che vi invito con il cuore a firmare:
Il lavoro per noi è un lusso
(racconto n.28)
Fin
dall'inizio Andrea si era ritenuto fortunato ad aver trovato quel lavoro. Molti
danno poca importanza al lavoro dei commessi, soprattutto quelli dei reparti
videogiochi delle grandi catene come quella in cui lui era stato assunto, ma
lui era bravo in quello che faceva e i clienti che gli chiedevano consiglio se
ne accorgevano sempre ed era quella la cosa importante. Certo gli orari erano
estenuanti e la paga non proprio esorbitante, ma alla fine riusciva comunque a
tirare avanti. Col tempo, il negozio in cui lavorava si era rivelato essere un
piccolo mondo a parte.
Aveva
trovato amici sinceri e compagni di risate, ma anche insopportabili
rompicoglioni o arpie acide tanto brave a giudicare quanto a fare ciò di cui accusavano gli altri.
Col tempo
aveva visto nascere storie importanti sfociate poi in splendidi matrimoni o
incontrato persone di passaggio in quello che era un ambiente lavorativo vario
e complesso.
E i
clienti poi! Quanto ne aveva visti!
Amanti dei videogiochi o della lettura, delle ultime tecnologie o del
cinema passavano tra quegli scaffali parlando delle proprie passioni,
scambiando opinioni ed esperienze con lui e gli altri commessi o anche solo con
altri clienti o amici in un crocevia di vite che aveva del meraviglioso.
Per
quanto snervante e soffocante potesse essere a volte, quel posto pulsava di
vita e arte, di passione e cultura.
Spesso
Andrea si era ritrovato a sorridere e a pensare che in fondo gli sarebbe potuta
andare molto peggio.
O almeno
aveva sorriso finché non gli avevano dato la
notizia: presto la loro intera catena di negozi in Italia avrebbe potuto
chiudere. Da un giorno all'altro, lui e altre 600 persone avrebbero rischiato
di perdere il lavoro.
Da quella
comunicazione passarono nove mesi, un inferno di incertezza in attesa di sapere
cosa ne sarebbe stato di loro. I grandi capi lassù
se la prendevano comoda, non pensavano a cosa sarebbe potuto accadere ai
giovani dipendenti che avevano provato a crearsi un futuro con un mutuo o a
quelle coppie, che lavorando insieme, avrebbero perso ogni sostentamento per
loro e i propri figli. Senza quel lavoro molti, lui compreso, avrebbero rischiato
di perdere tutto.
Andrea
sapeva però che non era disperandosi che
avrebbero avuto una risposta. Dovevano fare qualcosa.
Iniziò pian piano, una città alla volta. Roma, Milano, Torino, ovunque ci fosse una
sede della loro catena di negozi i dipendenti cominciarono a far sentire la
loro voce attraverso pacifiche manifestazioni. Perfino su diversi social
network nacquero iniziative atte a far conoscere e comprendere la delicata
situazione in cui si trovavano. Presto migliaia di altre voci si sarebbero unite
alla loro protesta, alla semplice richiesta di sapere cosa ne sarebbe stato di
quelle 600 persone, di quelle 600 famiglie. Forse quelle voci avrebbero smosso
più di una coscienza, forse
avrebbero ricordato a chi fingeva di non ascoltare che il lavoro non era solo
un lusso. Era la possibilità di una vita dignitosa.
I dipendenti della FNAC di Torino manifestano a piazza Vittorio
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