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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Un'altra giustizia

giovedì 22 novembre 2012

Buooooonsalve! Questo racconto è nato rielaborando l’idea di base di una storia che avevo scritto tempo addietro. Spero che vi piaccia!

Un'altra giustizia
(racconto n.83)

Quando dei delinquenti uccisero di fronte a me il mio ragazzo ho iniziato a vedere il mondo con occhi diversi. Per sei mesi ho sperato che quegli assassini pagassero, ma quando mi sono resa conto che non li avrebbero mai presi ho capito che non esiste una giustizia se non quella che riesci a ottenere con le tue sole forze.  
Per questo ho imparato a difendermi, per questo ho trovato il modo di non essere più una vittima.
Partendo dal luogo dell’aggressione ho trovato persone in grado di portarmi da loro. Chissà perché la gente è più incline a parlare con una bella ragazza con pochi abiti addosso che con la polizia.
Li trovai in un locale gothic pieno di deficienti che credevano di essere fighi solo perché facevano foto in pose equivoche e non si lavavano i capelli da un mese.
I due se ne stavano in disparte, seduti su un divanetto e si stavano preparando delle strisce di coca mentre chiacchieravano come se niente fosse.
All’improvviso però, uno di loro si accorse di me. – Ehi, bellezza! Vuoi unirti a noi?
Sorrisi cercando di nascondere il mio ribrezzo. Non mi avevano nemmeno riconosciuta. Mi avevano portato via tutto eppure non ricordavano nemmeno il mio viso.
Mi sedetti tra loro e quello alla mia destra, dopo aver fatto sparire una striscia bianca dal tavolo, cominciò subito ad allungare le mani.
Io in risposta iniziai a strusciarmi e a stringermi a lui. Le luci molto basse ci permettevano di non essere visti e il gruppo che si stava esibendo distraeva a sufficienza i presenti.
 Quando fui abbastanza vicina, feci scivolare la mano nella borsa e tirai fuori uno dei due grossi chiodi che avevo all’interno. La sensazione di sentirlo tra le dita, attraverso i sottili guanti in pelle, era esaltante.
Fui veloce e precisa. Affondai il chiodo centrando con precisione la carotide e glielo lasciai dentro poi, altrettanto rapidamente, mi portai a cavalcioni dell’altro e gli piantai il secondo chiodo in gola.
Rimasi per un attimo a fissare i suoi occhi sgranati e terrorizzati poi scivolai via nel buio del locale.
Me ne andai senza provare quella soddisfazione che mi sarei aspettata.  Forse non bastava essermi vendicata. Forse dovevo fare di più e aiutare che come me non aveva avuto giustizia.
Forse non era ancora arrivato il momento di fermarmi.



Pubblicato da Unknown alle 11:07  

2 commenti:

Splashboom ha detto...

Brava. Bell'idea e bei racconti (però a quello dei film horror c'è un refuso nel titolo)

22 novembre 2012 alle ore 20:12  
Unknown ha detto...

Grazie mille! Titolo sistemato ^,.,^

23 novembre 2012 alle ore 10:53  

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