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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Cucciolo di drago

martedì 13 novembre 2012

Buonsalve! La protagonista del racconto di oggi è un piccolo cucciolo di drago femmina. L’ispirazione questa volta è arrivata grazie ad alcune statuette al Lupo Rosso. Insomma ho parlato di così tante creature in questi racconti che non potevo non parlare anche degli splendidi draghi. ;)

Cucciolo di drago
(racconto n.74)


Mi chiamò Kendra e sono un cucciolo di drago. Fin da quando sono uscita dall’uovo non vedevo l’ora di poter finalmente volare e vedere il mondo. Amavo molto gironzolare sulle nostre montagne alla scoperta di posti sempre nuovi.
Se c’è una cosa che mi ha madre mi ha insegnato però è stata quella di non farmi mai vedere dagli umani.
Loro ci credono creature nate dalla fantasia e dalle leggende e finché continueranno a pensarla così i nostri nidi saranno al sicuro. Peccato che un giorno, spinta dalla curiosità, io mi sia avventurata un po’ troppo lontano da casa.
Vagando come mio solito vidi una delle strane macchine di metallo degli umani. Sembrava un grosso serpente e poteva trasportare al suo interno centinaia di persone.
Mi ci intrufolai dentro senza pensare alle conseguenze e quando si mise in movimento non potei fare altro che nascondermi, sperando che gli esseri umani non mi vedessero.
Una volta riuscita a scendere mi ritrovai in una foresta di metallo e umani piena di rumori e confusione. L’aria era pesante e aveva un odore amaro, il cielo sembrava vedersi appena tra quelle che, come scoprii in seguito, erano le tane degli umani.
Spaventata e disorientata vagai per quelle strade cercando di mantenermi la più nascosta possibile, rischiando molte volte di essere calpestata e schiacciata.
Non riuscivo a capire dove stessi andando. Di una cosa ero certa: dovevo salire il più in alto possibile.
Solo così la mia mamma sarebbe potuta volare da me. Lei mi trovava sempre, ovunque andassi. La nostra magia ci teneva perennemente in contatto e io sapevo che in quel momento stava volando sopra le nuvole, aspettando il momento buono per scendere e portarmi via.
Stavo girovagando ormai da ore quando lo vidi. Era sicuramente la tana più alta che avevo mai visto.
La prima cosa difficile da fare fu entrare. Dovetti aspettare a lungo e calcolare bene i tempi per riuscire a sgattaiolare all’interno della costruzione e nascondermi dietro una grossa pianta che, solo dopo alcuni secondi, mi resi conto essere finta.
Poi ci fu la salita. Riuscii a trovare le scale, ma non potevo immaginare che mi aspettava un’impresa così faticosa. Ero ancora piccola e le mie zampe erano tanto corte quanto le mie ali erano poco sviluppate.
Per fortuna riuscivo a tirami su e a far perno con la cosa altrimenti non avrei saputo come fare.
Fu uno sforzo immane per me. Quando, esausta, crollai a terra erano passate diverse ore. Alzando il muso mi accorsi che dovevo essere arrivata poco oltre la metà della salita.
Fu allora che qualcuno mi apparve davanti da uno dei varchi d’accesso alle scale. Era un umano maschio, piuttosto giovane, che teneva in mano una grossa scopa.
Mi guardò, sbattendo gli occhi come se non riuscisse a credere a ciò che stava vedendo. – Ma tu sei…
 Venni presa dal panico. Mi lanciai verso le scale cercando di salire, ma ero troppo debole. Non facevo altro che arrancare per un paio di gradini e cadere.
- Ehi, piano. – disse l’umano. – Stai cercando di salire, vero?
M’immobilizzai quando si fece avanti. Ero pronta a morderlo, ma lui mi prese da terra con delicatezza e mi strinse a sé. All’inizio mi dimenai, ma lui mi accarezzò con una gentilezza che mi trasmise una calma profonda.
Non voleva farmi del male, lo sentivo.
- Sei una creatura davvero particolare. – mi disse mentre saliva le scale con calma per non farmi sobbalzare. – Ho sempre sperato che voi esisteste ma… beh diciamo che questo mondo è diventato un po’ troppo concreto per un sognatore come me.
Lo guardai in silenzio, percependo le sue emozioni e i suoi pensieri come se fossero acqua limpida. Quando raggiungemmo il tetto, rimase sulla porta  e mi adagiò a terra.
Indietreggiai con cautela continuando a tenere gli occhi fissi su di lui.
Quando mia madre arrivò e mi sollevò in aria, il giovane umano mi salutò con un cenno della mano.
Ricambiai il saluto con un verso acuto.
Di certo mi sarei presa una bella sgridata, ma in fondo ero contenta. Avevo imparato molto sul mondo e soprattutto avevo capito una cosa importante sugli umani: molti erano distratti e indifferenti, alcuni addirittura crudeli ma, a volte, tra loro era ancora possibile trovare l’animo raro e prezioso di un sognatore.


Pubblicato da Unknown alle 11:13  

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