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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Un osservatore da lontano

giovedì 22 agosto 2013

Buonsalve! Ho scritto questo racconto pensando a tutti i film sugli alieni che tentano di conquistare la terra che si vedono al cinema. E se un giorno ci sbagliassimo e per paura perdessimo una grande opportunità? L'ho scritto però pensando anche come “alieno” spesso non è solo chi viene dallo spazio, ma semplicemente chi temiamo perché troppo diverso da noi.

Un osservatore da lontano
(racconto n.356)

Quando sono arrivato qui per la prima volta, quello che speravo era di riuscire a imparare il più possibile, di poter capire e scoprire qualcosa di meraviglioso e diverso rispetto al mondo in cui avevo sempre vissuto. Pensavo di poter condividere ciò che sapevo e di creare un ponte di collegamento tra universi così distanti da sembrare quasi irraggiungibili.
Ho sperato, ma mi sbagliavo.
Quando sono arrivato qui non ho trovato che paura e diffidenza, esseri così arroganti e presuntuosi da credersi così importanti nelle loro minuscole esistenze da meritare di essere conquistati. Dal momento in cui ho toccato la loro terra, loro hanno iniziato a guardarmi con aperta ostilità. Troppo spaventati dalla mia diversità, mi hanno dato la caccia e catturato per poi portarmi nel buio delle loro prigioni. Mi hanno torturato cercando un modo per difendersi da una minaccia inesistente, un pericolo generato solo dalle loro infantili e ingenue paure.
Mi hanno odiato senza alcuna ragione se non per il mio essere straniero, mi hanno ferito tanto che per un po' anche io ho pensato di odiarli sul serio.
Poi però ho pensato che forse loro erano come bambini, ingenui e spaventati da una realtà molto più grande. Come si può biasimare un bambino che ha paura?
Come lo si può condannare?
Mosso da questa certezza ho cercato di spiegarmi, di far capire loro che non ero un pericolo e che non volevo fare altro che osservare e tornare a casa. Qualcuno mi ha capito, pochissime voci rimaste inascoltate. Io ero diverso, io ero un pericolo e dovevo essere controllato.
Era questa l'inamovibile volontà dei capi. In quel momento ho capito che non avrei mai potuto dialogare con loro. Erano una razza ottusa, troppo presa da se stessa per capire.
Non c'era niente che potesse davvero insegnarmi salvo il diffidare di loro. Un giorno però quelle voci fuori dal coro mi diedero una speranza. Mi liberarono e mi aiutarono a fuggire fino a raggiungere la mia astronave.
Mi fecero pensare che forse non erano tutti uguali e che forse c'era una possibilità per loro. Non adesso certo, magari tra secoli di evoluzione.

Non lo so e forse non mi importa. Per ora lascio questo pianeta consapevole solo di aver trovato un'ottusa ignoranza, di essere stato chiamato “mostro alieno” quando altro non ero che un osservatore venuto da lontano.


Pubblicato da Unknown alle 10:30  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

bellissimo davvero, da cultore della fantascienza ti faccio i miei più vivi complimenti. Mi hai riportato alla memoria film e libri memorabili, quali "L'uomo che cadde sulla Terra", "Starman", "Ultimatum alla Terra"... e al racconto "La sentinella" di Frederic Brown, solo per citarne uno... bella e commovente parabola, sull'ottusità umana. Bravissima <3

22 agosto 2013 alle ore 15:18  

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