Buonsalve amici. Un racconto scritto pensando alle disgrazie
che a volte succedono nei momenti più
inaspettati e che portano al risveglio di un solo, istintivo desiderio: quello
di vivere.
L'incidente
(racconto n.236)
Sangue. C'era sangue ovunque. Mi sentivo confusa, stordita.
Ero a terra, potevo sentire l'asfalto sotto di me, ma non riuscivo in alcun
modo a ricordare perché
mi trovassi lì.
Mossi la testa mentre pian piano i miei occhi cominciavano a
mettere a fuoco ciò
che mi circondava. Poco distante scorsi la carcassa di due auto che emettevano
pericolosi sbuffi di fumo. Un uomo giaceva a terra con la faccia premuta sulla
strada e le gambe schiacciate tra i detriti. Non riuscivo a capire se fosse
vivo o morto.
Attorno a me sentivo dei pianti e gemiti di dolore, ma non
riuscivo a capire da dove provenissero. Abbassai gli occhi e solo in quel
momento mi resi conto che tutto il sangue che vedevo era il mio. Provai a
gridare, ma era come se qualcosa mi premesse sulla gola, impedendomi quasi di
respirare.
In quel momento i ricordi cominciarono a riemergere. Ero
uscita di casa per andare in biblioteca a studiare. Avevo preso come al solito
la bicicletta e imboccato la strada che percorrevo ormai almeno otto volte a
settimana.
Sebbene avessi le cuffie alle orecchie ero perfettamente
concentrata sulla strada davanti a me. Eppure l'attenzione non fu sufficiente.
Stavo per raggiungere un incrocio quando vidi una macchina
sfrecciare a tutta velocità
e passare con il rosso travolgendo un'altra macchina. Ci furono altri schianti,
ma non riuscii a capire cosa stesse accadendo perché l’unica cosa che riuscii a
vedere era una lamiera che mi veniva addosso..
Poi ci fu un dolore acuto e il nulla.
Non so quanto tempo passai priva di sensi.
Avevo paura, avevo tanta paura.
Ormai non cominciavo più
a percepire il mio corpo. Sentivo freddo e la vista si stava di nuovo
annebbiando.
Poi, all'improvviso, sentii il rassicurante suono delle
ambulanze ormai vicine.
Chiusi gli occhi e sospirai sentendo le lacrime rigarmi le
guance. Non avrebbero fatto in tempo.
Quando riaprii gli occhi però vidi una figura china su di me. - Sta
tranquilla. - mi disse la figura. - Adesso ti portiamo in ospedale, ma tu non
mollare.
Sbattei le palpebre sperando che lui capisse che non mi sarei
arresa.
Sperando che capisse che volevo vivere.
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