BUonsalve!
Un racconto sull’ossessione della morte e sulla paura di vivere che spesso
porta a non vivere affatto. Ammetto che
sono cose a cui a volte penso e che mi spaventano, sebbene la domanda che mi
faccio più spesso è una: com’è possibile rinunciare a fare qualcosa, qualsiasi
cosa, solo per paura?
La paura della morte
(racconto n.225)
Per Henry la morte era un pensiero frequente e
ossessivo. A volte veniva preso da un senso di angoscia opprimente che gli
mozzava il respiro e non lo faceva dormire.
Spesso pensava che prima o poi sarebbe toccato
anche a lui, che il suo corpo sarebbe morto e di lui non sarebbe rimasto più
niente. Aveva paura di cosa ne sarebbe
stato della sua anima, che una volta morto non ci sarebbe stato che il nulla.
Non un paradiso né un inferno solo… il vuoto.
Questo lo aveva portato a trascorrere tutta la sua esistenza nella paura.
Passava le giornate nella paura che potesse accadergli qualcosa. Per questo stava
molto attento quando doveva cucinare, cercando di non usare coltelli troppo
affilati o di accendere il gas più di una volta al giorno e quando usciva di
casa non faceva che evitare tutti i posti in cui avrebbero potuto capitargli
degli incidenti.
Evitava
quindi i luoghi troppo affollanti, per non rischiare di venire travolto dalla
folla o finire in una rissa, non attraversava mai le strade troppo trafficate né
andava in posti che reputava estremamente pericolosi come il mare o la
montagna. Per non parlare poi dei suoi legami con le persone: riteneva i
contatti fisici pericolosi e pensava che i rapporti umani portassero
inevitabilmente alla depressione e al suicidio ergo erano da evitare.
Un giorno
però, mentre stava scendendo dal letto, scivolò su una delle sue pantofole e
batté la testa contro lo spigolo della cassettiera. Non si svegliò più.
Il suo
ultimo pensiero, mentre cadeva per morire in quel modo così stupido, fu che non
avrebbe mai pensato che potesse andarsene così presto né in maniera così
stupida. Nei suoi numerosi, disperati
tentavi di sfuggire alla morte aveva finito col non vivere affatto.
1 commenti:
Uffi, sai sempre toccare le mie corde interiori più estreme... io ho fatto lo stesso errore, e anche più di una volta, e questo lo sto scontando ancora adesso, completamente.
Forse, in realtà, questo racconto non andrebbe letto in chiave tragica, ma comica. Infatti per il ragazzo è una vera liberazione, non dovrà scontare gli anni di rimpianti senza fine cui si era condannato.
Una autentica prigione senza sbarre ne finestre.
Quindi una amara soluzione, dove la morte è l'unica costante... BRAVISSIMA!
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