Buonsalve
amici!
L’idea di questo racconto mi è venuta studiandomi un percorso con i
mezzi pubblici per raggiungere un centro commerciale di Torino (sono una povera
patentata senza macchina). Sapete, viaggiando molto su autobus e metro, ho
sempre amato osservare la gente
chiedendomi magari cosa avrebbero fatto una volta scesi dalla vettura o
quali fossero le loro vite. Spesso mi sono anche trovata a inventare storie
fantastiche sui personaggi più interessanti. A voi è mai capitato?
L'ultima corsa
(racconto n.43)
Nella
metropolitana si possono fare incontri davvero interessanti. Ogni giorno in
quelle carrozze ragazzi, uomini, donne e anziani incrociano le loro vite per un
brevissimo istante senza sapere, magari, di essere stati seduti vicino a un
futuro grande scrittore o a un genio dell’informatica. In quei momenti catturiamo
brevi sprazzi di esistenza condensati in pochi sguardi.
Per
questo trascorrevo molto tempo in metropolitana. Guardare quella gente è
affascinante. Potevo passare ore a percorrere la metro Milanese, osservando e
ascoltando chi mi stava attorno.
Di
solito ero brava a non attirare l’attenzione. Nessuno badava molto a me eppure
la mia ultima corsa fu diversa.
Stavo
ascoltando con attenzione due ragazze che avevano da poco realizzato il sogno
di aprire un negozio insieme. Sentirle fare progetti, così entusiaste e decise,
era così affascinante che non mi accorsi dell’uomo che mi si era seduto accanto.
-
Non dovresti stare qui. – mi disse facendomi sussultare dallo spavento.
Mi
ci vollero un paio di secondi per calmarmi. – Come scusi?
L’uomo
mi guardò assumendo un’aria severa e preoccupata. – Perché continui a fare
avanti e indietro su questa metro?
Rimasi
davvero sorpresa del fatto che se ne fosse accorto. – Beh, mi piace osservare
la gente e qui se ne può incontrare di ogni tipo.
-
Lo sai che è sbagliato. – disse.
Sbuffai,
cercando di capire cosa volesse quello scocciatore da me. Ero quasi tentata di
alzarmi e andarmene. – Non faccio niente di male e non credo che la cosa la
riguardi.
-
Si invece e lo sai bene così come sai che non ti trovi qui solo perché hai
voglia di guardare. – ribatté lui.
Gli
lanciai un’occhiata chiedendomi che cosa volesse dire mentre dentro di me
cominciava a crescere una strana inquietudine. – Che cosa…?
Il
suo sguardo si fece ancora più intenso. – Da quanto tempo non mangi? Da quanto
non dormi?
Deglutii,
sentendomi all’improvviso stranamente agitata. Non ricordavo. Non riuscivo a ricordare
l’ultima volta che ero andata a casa.
Ero
certa di essere scesa nella metropolitana e poi… e poi… Un ricordo improvviso
si fece strada dentro di me: stavo aspettando sulla banchina quando d’un tratto
sentii la metro arrivare. Mi feci avanti e fu allora che avvenne. Qualcuno mi
urtò, facendomi finire sui binari.
Feci
appena in tempo a vedere le luci della vettura di testa poi ci fu il nulla.
Quando mi ripresi ero in metro, stordita come dopo un lungo sonno pieno di
sogni. Da allora non me n’ero più andata.
Iniziai
a tremare e l’uomo mi prese per mano.
-
Io… sono morta?
Fece
appena un cenno di assenso col capo.
-
Perché io.. cosa…?
-
Tranquilla. – Mi rassicurò lui, accarezzandomi. – Sono qui per farti passare
oltre.
Si
chinò su di me, sfiorandomi le labbra con un bacio.
Fu
allora che vidi la grossa falce adagiata al suo fianco. Chiusi gli occhi mentre
in quel bacio la morte assorbiva ciò che era rimasto di me.
Mi
lasciai andare senza paura in attesa della fine, in attesa del dopo.
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