Buonsalve!
Questo racconto è nato
ieri, durante un pomeriggio uggioso al Lupo (mi sa che non mi fa tanto bene
stare da sola in negozio). Non è certo tra le cose più crude che ho scritto, ma credo e spero che sappia farsi
valere. Uffi… forse mi sto ammorbidendo un po’ troppo XD
Folle vendetta
(racconto n.42)
Ci sono cose, eventi o incontri destinate a
trasformarci. Per quanto il nostro mondo possa sembrarci sicuro e tranquillo,
arriverà il giorno in cui un incontro rischierà di stravolgere ogni cosa, di minare quelle
sicurezze che credevamo essere parti importanti di noi.
Quando quei mostri sono entrati nella mia
vita, portandomi via per sempre la ragazza che amavo, tutto dentro di me cambiò in maniera violenta. Fu come se nella mia
mente si fosse aperta una frattura impossibile da risanare.
La mia semplice vita da studente
universitario, gli agi di una famiglia benestante, le uscite spensierate con
gli amici… abbandonai tutto solo per prepararmi al giorno in cui
sarei stato abbastanza forte da dare loro la caccia.
Ho imparato a vivere alla giornata, a
cavarmela con le poche risorse che avevo finché un giorno non li ritrovai. Per quegli
uomini, le bestie che avevano aggredito la mia Vivian, che l’avevano sfregiata e fatto a pezzi la sua
mente fino a portarla al suicidio, sembrava non essere cambiato nulla.
Ricordo ancora la sofferenza dei giorni
successivi all’aggressione. Lei sembrava non avere un attimo di pace.
Non dormiva, non mangiava, sussultava a ogni minimo rumore.
A stento si lasciava sfiorare da me.
Quei quattro uomini probabilmente non
sapevano nemmeno che lei era morta né chi io fossi in realtà. Sarebbero stati dei veri idioti altrimenti
a lasciarmi entrare nel loro piccolo gruppo.
La serata in cui finalmente potei averli
tutti e quattro riuniti mi feci trovare pronto. Provai un fremito quando,
drogati con dei sedativi che avevo messo loro nelle birre, piombarono in un sonno
profondo.
Il fremito si tramutò in un brivido di soddisfazione nel momento
in cui si svegliarono e si ritrovarono tutti e quattro in una lurida cantina,
nudi e incatenati a delle sedie.
Rimasi a viso scoperto, lasciando che loro
guardassero il volto del proprio assassino. Non sarebbe stato veloce. Avrebbero
sofferto anche più della mia Vivian.
Non avrei mai pensato di provare un simile
piacere nel sangue e nelle urla, urla che smisero non appena tappai loro la
bocca infilandovi dentro i loro genitali amputati.
Mi ero preparato bene. Ogni taglio che
aprivo, ogni volta che scavavo nella carne, lo facevo in maniera lenta e precisa.
Tutto era studiato in modo che potessero soffrire il più possibile.
Quando ebbi finito, quando di loro non
rimasero che carcasse sanguinolenti, guardai la foto di Vivian che avevo messo
in bella vista affinché loro la vedessero.
- Amore mio tutto questo é per te.
La sua voce mi arrivò come un flebile sussurro che solo io ero in
grado di percepire.
- Come? - chiesi. - Non sono loro quelli che
ti hanno aggredita? - Guardai quei corpi sfigurati perplesso. - Perché non mi hai detto che avevo sbagliato anche
questa volta?
La risposta mi arrivò chiara nella mente.
Sorrisi, facendo un cenno di assenso. - Hai
ragione. Non hanno aggredito te, ma avrebbero potuto farlo in futuro con
un'altra. Era giusto punirli.
Guardai di nuovo la foto di Vivian sentendomi
rincuorato. Avevo l’impressione che mi stesse sorridendo a sua volta. - Vorrà dire che la prossima volta staremo più attenti.
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