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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

La lista

giovedì 28 febbraio 2013

BUonsalve! Questo racconto è ispirato alla storia vera di un poliziotto la cui moglie ha trovato sul suo computer una lista di 100 donne (tra cui lei) che l’uomo  aveva intenzione di torturare, cucinare e mangiare. (La foto inserita è presa da questo articolo: http://www.corriere.it/cronache/13_febbraio_26/poliziotto-cannibale-voleva-cucinare-100-donne_0734c06c-8042-11e2-b0f8-b0cda815bb62.shtml?fr=box_primopiano) Per la serie: la realtà a volte supera di gran lunga qualsiasi film horror.

La lista
(racconto n.181)

Tutto è nato come una semplice fantasia. Un’idea che si fece strada nella mia mente come un tarlo, un’idea eccitante e perversa che in un primo momento mi terrorizzò, ma che col tempo si fece sempre più allettante e accattivante. Ero in grado di farlo? Potevo davvero progettare una cosa del genere? Sì potevo. Trovare i nomi, seguire i loro spostamenti, individuare il momento esatto per agire… Un lavoro del genere non sarebbe stato difficile per me.  All’inizio lo feci solo per il gusto di vedere come avrei potuto trovare e rapire tutte quelle donne per poi nutrirmi di loro, cucinarle e mangiarle senza che potessero in alcun modo risalire a me.
Fu divertente, una piacevole ricerca che mi occupò per intere notti in cui uscivo di nascosto o mi mettevo al computer stando ben attento a non farmi scoprire da mia moglie. Lei non avrebbe dovuto sapere niente fino a che non fosse arrivato il suo momento. Lei sarebbe stata nell’elenco delle mie vittime ideali.
Mi ci vollero mesi, ma alla fine riuscii ad avere la mia lista.
Nel file in cui avevo concentrato tutte le mie ricerche c’era un elenco di cento donne che avrei potuto torturare e mangiare senza alcun problema né alcuna conseguenza.
Per giorni quella lista continuò a tormentarmi. Era diventata una vera e propria tortura. Ma perché non potevo farlo? Che cosa me lo impediva?
Ero un poliziotto, avevo visto quanto violento e oscuro potesse essere l’animo umano.  Se tutti i criminali in cui mi ero imbattuto potevano farlo e magari uscirne impuniti perché non io?
Perché non potevo soddisfare quell’istinto che sentivo bruciarmi dentro e consumarmi come un cancro?
Fu una settimana straziante e angosciante. La morale che mi avevano inculcato fin da bambino si opponeva alla consapevolezza che non c’era morale nel mondo se non quella che ognuno imponeva a se stesso.
Alla fine però fu come risvegliarsi da un incubo. Potevo farlo perché ne avevo i mezzi e le capacità.
Potevo farlo perché volevo. Mi sarei nutrito di quelle donne e ne sarei uscito illeso.
Quella mattina guardai mia moglie con una meravigliosa sensazione di pace. Mi leccai le labbra nel vederla preparare la colazione.
Lei all’improvviso si voltò e mi sorrise imbarazzata. – Come c’è amore? – chiese.
Mi alzai e le diedi un piccolo bacio sulle labbra. – Niente. Ti amo, tesoro.




Pubblicato da Unknown alle 12:51  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Semplicemente agghiacciante... e tanto più terribile quanto lascia intravedere più che far vedere... tutto avviene nel più nero quotidiano, dentro alle nostre consuetudini. L'istituzione del matrimonio crolla sotto il marciume che avanza, una grandezza nuova fatta solo di volontà di potenza e di genio della perversione.
Il delitto come arte perfetta, sublime traslazione del potere dell'ingegno e della passione umana. Una persona qualsiasi cede al lato nascosto, ciò che viene escluso per permettere alla società di vivere.
Solo l'istinto di morte che precede un grande amore.
E tutto questo in una scena che sa tanto di "Famiglia Mulino Bianco"... semplicemente perfetto!

28 febbraio 2013 alle ore 15:31  

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