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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Naufragio

mercoledì 13 febbraio 2013

Buonsalve amici! Questo racconto è nato guardando una vecchia mappa appesa alla parete di un pub inglese in cui sono stata ieri. Non so perché, ma mi è venuta in mente l’immagine di un naufrago e da lì… beh il resto… ;)

Naufragio
(racconto n.166)

Mi chiamo Lucas. Non ricordo da quanto tempo mi trovo su questa zattera. Giorni, settimane, mesi... Il tempo sembra essersi dissolto, svanito nelle nubi grigie che si stanno rapidamente avvicinando. Non ricordo molto del naufragio. Uno schianto improvviso, delle grida d'angoscia e poi corpi che si ammassavano gli uni sugli altri, schiacciandosi e spingendosi nel disperato tentativo di mettersi in salvo su un gommone di salvataggio.
Io riuscii a salire per un pelo sull'ultimo rimasto assieme ad altre cinque persone: un bambino, la madre, una coppia di ventenni e un uomo di mezza età.
Il primo andarsene fu l'uomo.
Morì dopo sei giorni di stenti dopo aver ceduto tutto il cibo e l'acqua al piccolo. Lo gettammo in mare, senza una preghiera o una parola di cordoglio.
Quel poco che sapevamo di lui non bastava a cambiare il fatto che tutti vedevamo quella morte come la sua liberazione dall'incubo.
I successivi ad andarsene furono la donna e il bambino. Si spensero insieme, uno abbracciato all'altra. Fu allora, mentre stavo per gettare i loro corpi in mare, che il ragazzo ebbe l'idea.
Noi dovevamo sopravvivere e non potevamo certo farlo dando da mangiare ai pesci. Il primo morso fu un tormento. Avevo l'impressione che tutto il mio mondo, la mia stessa natura di essere umano stesse sanguinando.
Sopravvivemmo così per un po', non saprei definire quanto. Tutto ormai era solo un incubo sfocato. La carne però marcì in fretta sotto il sole e alla fine fummo costretti a gettare i resti della donna e del piccolo in mare. Quando poco dopo anche la sua fidanzata morì di stenti, il ragazzo non volle in alcun modo farmi avvicinare a lei. Io però ero affamato e disperato, pronto a tutto pur di sopravvivere ancora un giorno. Per questo lo ammazzai, per questo gli misi le mani alla gola e strinsi finché non smise di agitarsi come un viscido pesce preso all'amo.
Lui e la sua ragazza furono la mia salvezza nei giorni successivi.
Ormai però, perso nella mia solitudine, non posso fare a meno di chiedermi che ne sarà di me. Sono allo stremo, ho la gola riarsa e i crampi allo stomaco vuoto. All'improvviso mi sembra di scorgere una nave davanti a me. Mi dimeno chiedendo aiuto, ma non vedendola muoversi mi tuffo in acqua per cercare di raggiungerla.
Avvicinandomi mi rendo conto che altro non é che il frutto della mia mente svanita. Disperato, mi volto e mi accorgo che il gommone é stato trascinato via dalla corrente. Non resta che una cosa da fare. Smetto di nuotare e lascio affondare il mio corpo.
Attorno a me c’è solo l’oscurità, ma una calma innaturale mi pervade mentre, pian piano, tutto si perde in quella fredda tomba d'acqua.



Pubblicato da Unknown alle 12:32  

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