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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Sospetto

mercoledì 23 gennaio 2013

Buonsalve! Questo racconto è nato da una telefonata che ho involontariamente ascoltato mentre stavo in negozio. Una signora infatti si era rintanata nella rientranza della vetrina della mia libreria per telefonare (si le parole sono proprio quelle del racconto) ignorando ovviamente che da dentro si sentiva tutto. Buona lettura!

Sospetto
(racconto n.145)

Sandra aveva i nervi tesissimi. Nei suoi cinquant'anni aveva gestito le situazioni più disparate, ma in quel momento non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Suo figlio aveva bisogno di lei. Certo ormai aveva già quasi  trent'anni, ma lui era e sarebbe sempre rimasto il suo bambino e lei non poteva fare a meno di preoccuparsi. Da un po' di tempo infatti il suo Roberto si comportava in maniera davvero molto strana. Era diventato più chiuso, taciturno e aggressivo.
Ogni volta che lei provava a parlargli le rispondeva in maniera vaga e nervosa.
Sandra ormai si era sempre più convinta che lui facesse uso di droghe e doveva intervenire. Quella sera si allontanò da casa con la scusa di andare a prendere le sigarette e si rintanò nella vetrina rientrata di una piccola libreria. Nervosa, chiamò una farmacia dove, le avevano detto, avrebbero potuto darle tutte le informazioni di cui aveva bisogno.
- Pronto? - disse non appena le risposero. - Buonasera senta io... Sospetto che mio figlio faccia uso di droghe e voglio metterlo con le spalle al muro.
Purtroppo però la telefonata finì con un buco nell'acqua. Le risposero che non potevano aiutarla, ma le suggerirono di chiamare la polizia e chiedere aiuto a loro.
La donna sospirò e chiuse la telefonata con rassegnazione. Non voleva coinvolgere la polizia e mettere suo figlio nei guai.
Rientrò a casa, consapevole che a quel punto l'unica cosa che poteva fare era parlare con Roberto.
Lui la stava aspettando in salotto con lo sguardo perso nel vuoto. - Hai fatto presto. - le disse solo.
- Il... Il tabaccaio era chiuso. - disse lei sentendosi stranamente agitata. Dopo un primo momento di panico però le parole le uscirono da sole. Lo rassicurò dicendo che sapeva del suo problema e che lo avrebbe aiutato in qualsiasi modo.
Roberto si alzò lentamente, lo sguardo allucinato e il corpo teso. - Sono triste, mamma. Mi dispiace che tu pensi questo di me. - disse.
La donna rimase paralizzata nel guardarlo avvicinarsi. C'era qualcosa di terrificante in lui che non sapeva spiegarsi.
Quasi non vide nemmeno il suo gesto improvviso. Sentì solo il dolore quando lui le piantò un coltello nella carne.
- Mi dispiace che tu mi reputi un drogato mamma. Sono un assassino, non un tossico.


Pubblicato da Unknown alle 16:44  

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