Buonsalve!
Ecco un racconto venutomi in mente mentre osservavo nella metro di Torino un
gruppo di musicista suonare della musica Jazz. Osservandoli ho immaginato
questa presenza invisibile aleggiare tra loro e dare forza alla loro musica.
Buona lettura ^,.,^
Il mondo è
davvero un posto strano. Visto dall’alto è come un enorme flipper in cui gli
umani si agitano fenetici, sbatacchiando le loro esistenze nella confusione e
nel caso.
A volte mi
piace scendere a guardarli.
Mi tuffo
nelle strade, scivolando tra i palazzi e le luci delle loro vite frenetiche. Un
gruppo di tre ragazze sta passeggiando per le vie del centro. Chiacchierano di
scarpe e vestiti, entusiaste e ingenue nella loro innocenza. Proseguo e vedo su
una panchina una coppia scambiarsi tenere effusioni.
Il mondo attorno
a loro sembra svanito. Nelle loro vite c’è spazio solo per quel sentimento
fragile come una sottile ragnatela di cristallo.
Continuo la
mia corsa, tuffandomi nella metropolitana. Nell’atrio dei musicisti da strada
stanno suonando un’allegra melodia Jazz.
Vortico
attorno ai loro strumenti, esaltato ed estasiato dalla forza vitale di quelle
note generate per pura passione. Il gruppo sembra rinvigorito dalla mia
presenza e suona con ancora più vigore.
Quando me ne
vado il cappello che avevano poggiato a terra è pieno di monete.
Scivolo giù
nelle gallerie, nelle tenebre dove mostri d’acciaio trasportano il loro carico
di lavoratori, turisti e girovaghi. Mi faccio più forte e sferzo i volti e i
capelli di quelli che stanno ancora aspettando sulla banchina.
Trovo all’improvviso
uno sbocco e riemergo all’aperto, non molto distante da un grande parco.
Lì,
volteggio tra gli alberi e le siepi e seguo il fiume che attraversa la città,
sfiorandone appena la superficie. L’acqua, mia sorella, mi saluta con spruzzi e
mulinelli tra le onde agitate.
D’un tratto
vedo una ragazza seduta sulla riva.
Ha lo
sguardo triste, perso in un punto imprecisato.
Sta
soffrendo, vede il suo sogno farsi sempre più lontano. Sull’erba, accanto a lei,
c’è un quaderno lasciato aperto e una penna poggiata su di esso.
Le giro attorno
e muovo le pagine del quaderno fino a catturare la sua attenzione.
La ragazza
osserva i fogli bianchi e sorride. Raccoglie penna e quaderno e comincia a
scrivere.
Mi conosce e
racconterà molte storie su di me.
Vento, così
mi chiama. Mi è sempre piaciuto quel nome.
Le accarezzo
i capelli ancora una volta e mi allontano per tornare nel mio limpido cielo.
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