Buonsalve! La protagonista del racconto di oggi è un
piccolo cucciolo di drago femmina. L’ispirazione questa volta è arrivata grazie
ad alcune statuette al Lupo Rosso. Insomma ho parlato di così tante creature in
questi racconti che non potevo non parlare anche degli splendidi draghi. ;)
Cucciolo di drago
(racconto n.74)
Mi chiamò Kendra e sono un cucciolo di drago. Fin da
quando sono uscita dall’uovo non vedevo l’ora di poter finalmente volare e
vedere il mondo. Amavo molto gironzolare sulle nostre montagne alla scoperta di
posti sempre nuovi.
Se c’è una cosa che mi ha madre mi ha insegnato però
è stata quella di non farmi mai vedere dagli umani.
Loro ci credono creature nate dalla fantasia e dalle
leggende e finché continueranno a pensarla così i nostri nidi saranno al
sicuro. Peccato che un giorno, spinta dalla curiosità, io mi sia avventurata un
po’ troppo lontano da casa.
Vagando come mio solito vidi una delle strane macchine
di metallo degli umani. Sembrava un grosso serpente e poteva trasportare al suo
interno centinaia di persone.
Mi ci intrufolai dentro senza pensare alle
conseguenze e quando si mise in movimento non potei fare altro che nascondermi,
sperando che gli esseri umani non mi vedessero.
Una volta riuscita a scendere mi ritrovai in una
foresta di metallo e umani piena di rumori e confusione. L’aria era pesante e
aveva un odore amaro, il cielo sembrava vedersi appena tra quelle che, come
scoprii in seguito, erano le tane degli umani.
Spaventata e disorientata vagai per quelle strade
cercando di mantenermi la più nascosta possibile, rischiando molte volte di
essere calpestata e schiacciata.
Non riuscivo a capire dove stessi andando. Di una
cosa ero certa: dovevo salire il più in alto possibile.
Solo così la mia mamma sarebbe potuta volare da me.
Lei mi trovava sempre, ovunque andassi. La nostra magia ci teneva perennemente
in contatto e io sapevo che in quel momento stava volando sopra le nuvole,
aspettando il momento buono per scendere e portarmi via.
Stavo girovagando ormai da ore quando lo vidi. Era
sicuramente la tana più alta che avevo mai visto.
La prima cosa difficile da fare fu entrare. Dovetti
aspettare a lungo e calcolare bene i tempi per riuscire a sgattaiolare all’interno
della costruzione e nascondermi dietro una grossa pianta che, solo dopo alcuni
secondi, mi resi conto essere finta.
Poi ci fu la salita. Riuscii a trovare le scale, ma
non potevo immaginare che mi aspettava un’impresa così faticosa. Ero ancora
piccola e le mie zampe erano tanto corte quanto le mie ali erano poco
sviluppate.
Per fortuna riuscivo a tirami su e a far perno con
la cosa altrimenti non avrei saputo come fare.
Fu uno sforzo immane per me. Quando, esausta,
crollai a terra erano passate diverse ore. Alzando il muso mi accorsi che
dovevo essere arrivata poco oltre la metà della salita.
Fu allora che qualcuno mi apparve davanti da uno dei
varchi d’accesso alle scale. Era un umano maschio, piuttosto giovane, che
teneva in mano una grossa scopa.
Mi guardò, sbattendo gli occhi come se non riuscisse
a credere a ciò che stava vedendo. – Ma tu sei…
Venni presa
dal panico. Mi lanciai verso le scale cercando di salire, ma ero troppo debole.
Non facevo altro che arrancare per un paio di gradini e cadere.
- Ehi, piano. – disse l’umano. – Stai cercando di
salire, vero?
M’immobilizzai quando si fece avanti. Ero pronta a
morderlo, ma lui mi prese da terra con delicatezza e mi strinse a sé. All’inizio
mi dimenai, ma lui mi accarezzò con una gentilezza che mi trasmise una calma
profonda.
Non voleva farmi del male, lo sentivo.
- Sei una creatura davvero particolare. – mi disse
mentre saliva le scale con calma per non farmi sobbalzare. – Ho sempre sperato
che voi esisteste ma… beh diciamo che questo mondo è diventato un po’ troppo
concreto per un sognatore come me.
Lo guardai in silenzio, percependo le sue emozioni e
i suoi pensieri come se fossero acqua limpida. Quando raggiungemmo il tetto,
rimase sulla porta e mi adagiò a terra.
Indietreggiai con cautela continuando a tenere gli
occhi fissi su di lui.
Quando mia madre arrivò e mi sollevò in aria, il
giovane umano mi salutò con un cenno della mano.
Ricambiai il saluto con un verso acuto.
Di certo mi sarei presa una bella sgridata, ma in
fondo ero contenta. Avevo imparato molto sul mondo e soprattutto avevo capito
una cosa importante sugli umani: molti erano distratti e indifferenti, alcuni
addirittura crudeli ma, a volte, tra loro era ancora possibile trovare l’animo
raro e prezioso di un sognatore.