Buonsalve amici! Questo racconto è nato guardando una
vecchia mappa appesa alla parete di un pub inglese in cui sono stata ieri. Non
so perché,
ma mi è
venuta in mente l’immagine
di un naufrago e da lì…
beh il resto…
;)
Naufragio
(racconto n.166)
Mi chiamo Lucas. Non ricordo da quanto tempo mi trovo su
questa zattera. Giorni, settimane, mesi... Il tempo sembra essersi dissolto,
svanito nelle nubi grigie che si stanno rapidamente avvicinando. Non ricordo
molto del naufragio. Uno schianto improvviso, delle grida d'angoscia e poi
corpi che si ammassavano gli uni sugli altri, schiacciandosi e spingendosi nel
disperato tentativo di mettersi in salvo su un gommone di salvataggio.
Io riuscii a salire per un pelo sull'ultimo rimasto assieme ad
altre cinque persone: un bambino, la madre, una coppia di ventenni e un uomo di
mezza età.
Il primo andarsene fu l'uomo.
Morì
dopo sei giorni di stenti dopo aver ceduto tutto il cibo e l'acqua al piccolo.
Lo gettammo in mare, senza una preghiera o una parola di cordoglio.
Quel poco che sapevamo di lui non bastava a cambiare il fatto
che tutti vedevamo quella morte come la sua liberazione dall'incubo.
I successivi ad andarsene furono la donna e il bambino. Si
spensero insieme, uno abbracciato all'altra. Fu allora, mentre stavo per
gettare i loro corpi in mare, che il ragazzo ebbe l'idea.
Noi dovevamo sopravvivere e non potevamo certo farlo dando da
mangiare ai pesci. Il primo morso fu un tormento. Avevo l'impressione che tutto
il mio mondo, la mia stessa natura di essere umano stesse sanguinando.
Sopravvivemmo così per un po', non saprei definire quanto. Tutto
ormai era solo un incubo sfocato. La carne però marcì in fretta sotto il sole e
alla fine fummo costretti a gettare i resti della donna e del piccolo in mare.
Quando poco dopo anche la sua fidanzata morì di stenti, il ragazzo non volle in
alcun modo farmi avvicinare a lei. Io però ero affamato e disperato, pronto a
tutto pur di sopravvivere ancora un giorno. Per questo lo ammazzai, per questo gli
misi le mani alla gola e strinsi finché non smise di agitarsi come un viscido
pesce preso all'amo.
Lui e la sua ragazza furono la mia salvezza nei giorni
successivi.
Ormai però,
perso nella mia solitudine, non posso fare a meno di chiedermi che ne sarà di me. Sono allo
stremo, ho la gola riarsa e i crampi allo stomaco vuoto. All'improvviso mi
sembra di scorgere una nave davanti a me. Mi dimeno chiedendo aiuto, ma non
vedendola muoversi mi tuffo in acqua per cercare di raggiungerla.
Avvicinandomi mi rendo conto che altro non é che il frutto della mia
mente svanita. Disperato, mi volto e mi accorgo che il gommone é stato trascinato via
dalla corrente. Non resta che una cosa da fare. Smetto di nuotare e lascio
affondare il mio corpo.
Attorno a me c’è
solo l’oscurità, ma una calma
innaturale mi pervade mentre, pian piano, tutto si perde in quella fredda tomba
d'acqua.
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