Buonsalve! Questo racconto è nato da una telefonata che ho
involontariamente ascoltato mentre stavo in negozio. Una signora infatti si era
rintanata nella rientranza della vetrina della mia libreria per telefonare (si le
parole sono proprio quelle del racconto) ignorando ovviamente che da dentro si
sentiva tutto. Buona lettura!
Sospetto
(racconto n.145)
Sandra aveva i nervi tesissimi. Nei suoi cinquant'anni aveva
gestito le situazioni più
disparate, ma in quel momento non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Suo figlio aveva bisogno di lei. Certo ormai aveva già quasi trent'anni, ma lui era e sarebbe sempre
rimasto il suo bambino e lei non poteva fare a meno di preoccuparsi. Da un po'
di tempo infatti il suo Roberto si comportava in maniera davvero molto strana.
Era diventato più
chiuso, taciturno e aggressivo.
Ogni volta che lei provava a parlargli le rispondeva in
maniera vaga e nervosa.
Sandra ormai si era sempre più convinta che lui facesse uso di droghe
e doveva intervenire. Quella sera si allontanò da casa con la scusa di andare a
prendere le sigarette e si rintanò
nella vetrina rientrata di una piccola libreria. Nervosa, chiamò una farmacia dove, le
avevano detto, avrebbero potuto darle tutte le informazioni di cui aveva
bisogno.
- Pronto? - disse non appena le risposero. - Buonasera senta
io... Sospetto che mio figlio faccia uso di droghe e voglio metterlo con le
spalle al muro.
Purtroppo però
la telefonata finì
con un buco nell'acqua. Le risposero che non potevano aiutarla, ma le
suggerirono di chiamare la polizia e chiedere aiuto a loro.
La donna sospirò
e chiuse la telefonata con rassegnazione. Non voleva coinvolgere la polizia e
mettere suo figlio nei guai.
Rientrò
a casa, consapevole che a quel punto l'unica cosa che poteva fare era parlare
con Roberto.
Lui la stava aspettando in salotto con lo sguardo perso nel
vuoto. - Hai fatto presto. - le disse solo.
- Il... Il tabaccaio era chiuso. - disse lei sentendosi
stranamente agitata. Dopo un primo momento di panico però le parole le uscirono
da sole. Lo rassicurò
dicendo che sapeva del suo problema e che lo avrebbe aiutato in qualsiasi modo.
Roberto si alzò
lentamente, lo sguardo allucinato e il corpo teso. - Sono triste, mamma. Mi
dispiace che tu pensi questo di me. - disse.
La donna rimase paralizzata nel guardarlo avvicinarsi. C'era
qualcosa di terrificante in lui che non sapeva spiegarsi.
Quasi non vide nemmeno il suo gesto improvviso. Sentì solo il dolore quando
lui le piantò
un coltello nella carne.
- Mi dispiace che tu mi reputi un drogato mamma. Sono un
assassino, non un tossico.
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