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365 racconti per 365 giorni

Una sfida con me stessa, un racconto da scrivere ogni giorno per divertire e divertirmi.

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365 Stories from my Head

Il naufrago

lunedì 26 agosto 2013

Buonsalve! Questo racconto mi è stato ispirato da un dipinto visto nella Pinacoteca del Castello Sforzesco. Purtroppo non ho una foto del dipinto, quindi ho dovuto sceglierne un altro. Spero vi piaccia!

Il naufrago
 (racconto n.360)

Avevo sempre amato la mia casa anche se agli occhi di molti essa non era che un ammasso di colonne bianche e pietre ammassate le une sulle altre, ricordo di un'epoca ormai dimenticata. Il mio unico compagno era il mare, a volte calmo e gentile altre possente e irruente. Nessuno approdava mai sulla sua spiaggia e questo mi permetteva di godermi appieno la pace di quel luogo immacolato.
Un giorno, però, una zattera raggiunse la riva. Un uomo era riverso su di essa, stremato dopo quello che doveva essere stato un viaggio per la sopravvivenza. All'inizio pensai di spingere nuovamente l’imbarcazione in mare e rimandarlo al suo destino, ma ebbi pietà per quel povero disperato. Mi presi cura di lui e quando rinvenne, la sua gioia e la sua gratitudine mi commossero.
 La sua espressione era così gentile e il suo sorriso così vivo da togliermi ogni dubbio. Avevo fatto la cosa giusta ad aiutarlo. In attesa di riprendersi, si stabilì sulla spiaggia dove andai a trovarlo spesso. Apprezzai il fatto che rispettasse il fatto che non volessi estranei nella mia casa. Col tempo imparai a conoscerlo e scoprii la storia del suo naufragio, di come inutilmente aveva tentato di salvare i suoi compagni dalla furia del mare. Passammo ore insieme finché una notte lui mi disse che era ormai pronto a ripartire. Era una notte splendida, illuminata da una bellissima luna piena che irradiava ovunque la sua luce argentata.
Mi disse che aveva sistemato la zattera e raccolto abbastanza provviste da riprendere il mare poi, inaspettatamente, mi chiese di partire con lui. Io rimasi immobile, sconvolta e addolorata: amavo la sua compagnia, ma non avrei mai potuto abbandonare la mia casa. Nell’inutile tentativo di convincermi, lui si avvicinò per toccarmi, ma io mi ritrassi. Forse in quel momento capì perché si limitò a sorridere e a fare un piccolo cenno di assenso col capo.

Il giorno dopo, quando raggiunsi la spiaggia, il mio naufrago era già partito. Su uno scoglio, però,  una bellissima conchiglia brillava accanto a un mazzo di fiori bianchi. Sentii gli occhi umidi, divisa dalla tristezza per la sua partenza e la gioia per la consapevolezza che aveva capito e accettato la verità. Presi la conchiglia e i fiori e ritornai nella mia casa. Ne raggiunsi il cuore e li poggiai lì, su quella lastra di pietra sulla quale avevo passato tanto tempo e che custodiva gelosamente ciò che restava del mio cadavere.


Pubblicato da Unknown alle 13:54  

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo, davvero. Ci ho ritrovato emozioni provenienti da Edgar Allan Poe, da Hermann Melville, da Stevenson, da William Somerset Maugham e da Coleridge... per non parlare poi di Corto Maltese... bravissima davvero <3 <3 <3

26 agosto 2013 alle ore 15:24  

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